La BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva: come prevenirla e come curarla
Breathe, breathe in the air/Long you live and high you fly*
di Vincenzo Ostilio Palmieri – Direttore UOC Medicina Interna Ospedaliera – Policlinico di Bari
Premessa: perché parlare di BPCO
La BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva (indicata brevemente con la sigla BPCO) è la più diffusa malattia del sistema respiratorio, colpisce fra i 300 e i 400 milioni di soggetti in tutto il mondo ed è fra le prime tre cause di morte (dopo le malattie cardiovascolari e le malattie tumorali). In Italia si contano circa tre milioni di soggetti affetti da questa malattia che provoca due sintomi principali:
Figura 1. Rappresentazione schematica dell’anatomia dell’apparato respiratorio
- La dispnea, altrimenti nota come fame d’aria, cioè quella sensazione soggettiva di non essere capaci di fare il minimo sforzo fisico (ad esempio salire alcuni gradini di una scala) senza avere un sopraffiato e che nei casi più avanzati è presente anche quando la persona affetta è a riposo in poltrona
- La tosse, spesso presente già al momento del risveglio mattutino, secca oppure produttive, cioè accompagnata dall’emissione di espettorato di colorito vario, dal bianco filante e mucoso delle forme di malattia non complicate, al giallo delle forme con infezioni batteriche sovrapposte o addirittura ematico, cioè con tracce di sangue, nelle forme in cui il processo infiammatorio che colpisce i polmoni e i bronchi provoca la perdita di piccole quote di sangue nelle vie aeree.
Nonostante queste premesse così allarmanti, nei fatti la BPCO è una malattia poco conosciuta e la diagnosi viene spesso fatta tardivamente, solo nelle forme più avanzate: è piuttosto strano infatti che mentre un sintomo come il dolore toracico evoca spesso, sia nei medici che nei pazienti, un allarme estremo ed è spesso ragione per ricorrere ad una valutazione specialistica nel Pronto Soccorso, sintomi come l’alterazione progressiva del respiro e il tossicchiare quotidianamente vengono considerati quasi normali anche nei fumatori di sigarette.
Per questa ragione nel mese di settembre di quest’anno, in occasione del congresso europeo sulle malattie dell’apparato respiratorio è stata sottolineata l’importanza di promuovere iniziative a vario livello per aumentare la consapevolezza sull’importanza di questa condizione, su come identificarla precocemente e su come diagnosticarla, anche alla luce del fatto che esistono attualmente possibilità terapeutiche concrete nella maggior parte dei pazienti, ancora più efficaci quanto prima viene diagnosticata la malattia.
Un gruppo di esperti ha anche proposto l’applicazione di un documento, il COPD Index (acronimo per il nome inglese della BPCO, Chronic Obstrucitve Pulmonary Disease) come strumento di analisi che valuta la gestione della BPCO in 34 paesi attraverso molteplici indicatori, comprendendo aspetti clinici, fattori ambientali, rischi occupazionali e politiche sanitarie, con l’obiettivo di migliorare l’accesso equo alle cure. Sulla Base di tale documento, al momento attuale l’Italia è al settimo posto di questa specie di graduatoria che classifica l’impegno globale nella gestione della BPCO, dopo Paesi come l’Australia, il Regno Unito, La Finlandia, l’Estonia, la Spagna, la Slovacchia, ma prima di altri come Giappone, Francia, Svezia, Canada, Irlanda. Da segnalare che agli ultimi posti di questa graduatoria vi sono Cina e India, cioè Paesi in cui molto deve ancora essere fatto per contenere la diffusione del fumo di sigarette e l’inquinamento atmosferico. In Italia, in particolare, si sente la necessità di azioni migliorative sul costo sociale della BPCO, sulle diseguaglianze fra i due sessi, sulla riduzione della mortalità.
Figura 2. Descrizione schematica della BPCO
Che cosa è la BPCO e come si fa la diagnosi?
La BPCO, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è una malattia eterogenea dei polmoni caratterizzata da sintomi respiratori cronici (tosse, dispnea, espettorazione, riacutizzazioni) dovuta ad anormalità infiammatorie delle vie respiratorie (bronchite e bronchiolite) o degli alveoli polmonari (enfisema polmonare) in grado di provocare una ostruzione al flusso dell’aria nelle vie aeree, spesso progressiva.
La BPCO, pertanto, può interessare entrambe le componenti principali dell’apparato respiratorio: le vie aeree (bronchi e bronchioli) attraverso cui passa l’aria, e gli alveoli, delicate strutture terminali dell’apparato respiratorio a livello delle quali avviene lo scambia di ossigeno e di anidride carbonica. Nella BPCO esiste un processo infiammatorio che compromette in misura variabile entrambe le componenti descritte, con un deterioramento progressivo e lento della loro funzione che è la ragione per la quale i soggetti che ne sono affetti presentano inizialmente sintomi così sfumati da trascurarne del tutto l’importanza.
I fattori di rischio più importanti per la BPCO sono rappresentati da: fumo di sigaretta, inquinamento ambientale, esposizione professionale, cui si associano fattori favorenti quali una variabile predisposizione genetica, infezioni respiratorie subentranti e l’età avanzata. Il ruolo delle sigarette è ampiamente acclarato, ma un ruolo altrettanto rilevante si sta rilevando, lo smog, cioè l’inquinamento ambientale connesso ad esempio al traffico delle auto, alla carenza di spazi verdi urbani e alla diffusione nell’aria di particolati inquinanti di origine industriale.
Poiché le cause sono ben note, si può sostenere con l’OMS che la BPCO è una malattia comune ma prevenibile e sicuramente trattabile, anche se le diagnosi errate o ritardate di questa condizione portano i pazienti a ricevere nessun trattamento o terapie inadeguate allo stadio di evoluzione del danno polmonare. Una diagnosi precoce e appropriata può pertanto avere un impatto molto rilevante sullo stato di salute generale della popolazione. D’altro canto, la consapevolezza che fattori ambientali diversi dal fumo di tabacco possono contribuire alla BPCO, il fatto che la BPCO può esordire precocemente nella vita e interessare anche giovani soggetti, fumatori o meno, e che ci sono sicuramente condizioni predisponenti su base genetica, sono elementi che aprono nuove opportunità per la prevenzione, la diagnosi precoce e un appropriato e tempestivo intervento terapeutico.
Ma come si fa a confermare la diagnosi di BPCO in un soggetto a rischio?
Il test di conferma è la spirometria: il paziente espira dalla bocca in un boccaglio connesso a un piccolo strumento che calcola il grado di ostruzione attraverso la valutazione di due parametri: il volume d’aria massimo espirato in un secondo e la capacità vitale, cioè la quota di aria presente nei polmoni al termine di una profonda inspirazione. La diagnosi è confermata quando il rapporto fra questi due semplici parametri è inferiore a 0.70.
Una volta formulata la diagnosi, la valutazione clinica da parte del medico deve includere anche il rilievo di episodi antecedenti di cosiddette riacutizzazioni o esacerbazioni, ovvero episodi critici in cui i sintomi suddetti diventano parossisticamente più gravi in genere a seguito di episodi di infezione delle vie aeree.
La spirometria è un test facile ed economico e dovrebbe diventare l’esame di routine per la valutazione della funzione respiratoria in tutti i soggetti che fumano o che hanno fumato o è stato esposto a lungo al fumo passivo. In realtà esso dovrebbe diventare un vero e proprio test di screening per la BPCO in tutti i soggetti a rischio, alla stregua dei testi di screening per diversi tumori.
Tutti i fumatori o i soggetti esposti ai fattori di rischio sopra ricordati che presentano sintomi di dispnea e tosse dovrebbero essere sottoposti a questo test.
Come si cura la BPCO?
La prima misura terapeutica fondamentale è la eliminazione dei fattori di rischio e pertanto nella maggior parte dei casi, la sospensione del fumo di sigaretta. A tal fine sono oramai istituiti in diverse aziende ospedaliere e sanitarie i Centri antifumo presso cui l’accesso è assicurato dal servizio sanitario nazionale, a differenza che in altri Paesi. In Italia, in effetti, uno degli elementi più validi nella gestione di questa malattia è proprio l’accesso alle cure che consente, fra l’altro, di avere anche un numero di ricoveri ospedalieri per BPCO inferiori a tanti altri Paesi europei.
I farmaci impiegati appartengono a tre classi: corticosteroidi e due tipi differenti di farmaci che dilatano le vie aeree (broncodilatatori), da somministrare per via inalatoria cioè con erogatori appositi al fine di far raggiungere il luogo di azione nei bronchi riducendo al contempo anche i possibili effetti collaterali.
La cura è in genere graduale, iniziando con uno o meglio due tipi di farmaci, miscelati in un unico dispositivo, fino a raggiungere la cosiddetta triplice terapia, cioè impiegando le tre classi di farmaci in un unico erogatore, somministrando un solo “puff” o al massimo due “puff” al giorno. La triplice terapia sta dimostrando di essere il trattamento più efficace in un gran numero di casi, specie quando ci sono le riacutizzazioni. Queste ultime sono particolarmente serie in quanto sono spesso provocate da infezioni (ed è pertanto necessario impiegare per la loro cura anche antibiotici), portano spesso al ricovero, accelerano la progressione della malattia e riducono la sopravvivenza anche per motivi diversi dall’insufficienza respiratoria. È infatti dimostrato che le riacutizzazioni aumentano anche la mortalità cardiovascolare (infarto e ictus). La triplice terapia riduce sensibilmente questo rischio, migliorando la sopravvivenza.
È infine stata autorizzata dalle autorità regolatorie europee una ultima classe di farmaci di grande interesse per il futuro rappresentata dai cosiddetti anticorpi monoclonali, farmaci somministrati per via sottocutanea in associazione alla triplice terapia nei casi in cui questa non ottenga il beneficio atteso. È probabile che già nel 2025 questo ulteriore presidio terapeutico divenga parte integrante dell’armamentario terapeutico disponibile per questa malattia.
Concludendo?
La BPCO è una malattia prevenibile, intervenendo sui fattori di rischio, trattabile, con l’impiego di farmaci a dosi e tempi di somministrazione appropriati e tempestivi. È necessario uno sforzo collettivo, della società civile, della politica e del mondo della sanità per aumentare la consapevolezza di questa temibile condizione clinica e migliorare sensibilmente la qualità di vita dei pazienti che ne sono affetti.
* “Respira, respira nell’aria/Vivi a lungo e Vola in alto”: sono i versi iniziali del brano Breathe dei Pink Floyd, nel celeberrimo album The Dark Side of the Moon