L’ALBERO DELLA PACE

LE DONNE DI MONTESILVANO COLLE CONTRO GUERRE E VIOLENZE

di Ermanno Falco

Sono da poco trascorse le festività pasquali, precedute dal lungo percorso di interiorizzazione e presa di coscienza della Quaresima e sublimate, non soltanto per chi è credente, nella iconica ritualità della Settimana Santa, simbolo suggestivo e universale del cammino dell’umanità impegnata a liberarsi dalle catene del peccato e del male per trovare una solida ragione di speranza nella Fede nel Risorto.

La cristianità intera, sia pure nelle differenziazioni confessionali che la politica, molto più che la speculazione teologica, ha sedimentato nel tempo, vive questo tempo di rinascita come profondo rinnovamento spirituale ma anche come rafforzato anelito di solidarietà verso singoli e collettività in preda alle varie forme di sofferenza causate da guerre, fame, malattie, violenze, razzismi e quanto di più malvagio e perverso possa scaturire dall’animo umano.

Ovunque si moltiplicano gesti e iniziative tese all’aiuto concreto verso i più bisognosi ma anche per testimoniare nel modo più ampio possibile l’amore verso il prossimo coniugato al rifiuto di ogni forma di guerra e sopraffazione tra i popoli della Terra.

A Santa Vittoria d’Alba, in Piemonte, un gruppo di donne ha addobbato un gigantesco Uovo di Pasqua con ben mille “quadrotti” di lana lavorata all’uncinetto, piccoli minuziosi lavori destinati ad essere venduti per destinarne l’introito in forme di beneficenza.

La lodevole iniziativa delle signore piemontesi è stata abbondantemente pubblicizzata ed ha avuto un rilievo di carattere nazionale, riscuotendo consensi e adesioni anche fuori dal relativo perimetro territoriale.

Appare pertanto doveroso ricordare una analoga “impresa” realizzata in occasione delle passate feste natalizie nella nostra Montesilvano Colle che pure ha riscosso un successo assai lusinghiero quanto a creatività artistica e partecipazione solidaristica. Il periodo legato alla Natività di Gesù e quello della Sua Resurrezione sono tradizionalmente ì più idonei per soffermarsi a riflettere sulla realtà che ci circonda ed uscire dal bozzolo angusto della nostra quotidianità trafelata e banale per estendere l’attenzione dell’animo a situazioni, persone e popoli afflitti da sofferenze di ogni tipo, che nulla chiedono ma che tutto meritano quanto a solidarietà pratica e morale.

Le donne per loro natura sono le creature più sensibili alla condivisione del dolore con chi nemmeno si conosce, perchè capaci di avvertire meglio e prima degli uomini lo stato del cuore ed i silenziosi messaggi che soprattutto chi è in difficoltà e a cui la vita ha assegnato un destino di sacrifici fisici e di privazioni affettive rivolge alle madri, alle compagne, alle figlie, alle amiche.

Le signore della “Rocchetta” di Montesilvano, qualora ce ne fosse stato bisogno, hanno regalato non solo alla propria città una ennesima prova di “humanitas” declinata al femminile, realizzando un sogno che covava all’interno del loro cuore, un segno tangibile che rappresentasse plasticamente la propria intensa partecipazione alle molteplici tragedie che affliggono il pianeta in questo difficile frangente storico.

Un albero, un abete di Natale simbolo di proiezione verso il Cielo e di rinascita della vita proprio nel momento più oscuro e profondo dell’inverno, è stato innalzato in Piazza Calabresi nella mattinata di giovedì 8 dicembre, Festa dell’Immacolata Concezione di Maria ed i suoi rami sono stati ornati da piccole tessere-mosaico policrome di filato lavorato all’uncinetto, frutto dell’amore e della maestria ereditate di generazione in generazione in un ininterrotto vissuto fatto di fervida interazione tra arte e famiglia.

Se l’albero è simbolo di vita e trascendenza, le 860 coloratissime decorazioni rappresentano la Fede nella Divina Misericordia, la fiducia nell’azione protettrice della Vergine Maria, l’ammirazione e la riconoscenza del genere umano per la bellezza del Creato.

Ideatrice e principale coordinatrice del progetto è la Professoressa Gelsomina Rasetta, artista di fama internazionale, pittrice ed operatrice culturale con tante pregevolissime mostre all’attivo in Italia e all’estero, una spiccata predilezione per i colori, i fiori e la loro corrispondente espressione umana, ossia gli affascinanti visi e la delicata fisicità dell’universo femminile.

Gelsomina (Mina), già docente di materie economiche all’Istituto “Tito Acerbo” di Pescara (e questo la dice lunga sul prolifico eclettismo che caratterizza la sua personalità) ha da sempre voluto coinvolgere nei suoi progetti uomini, donne e famiglie che con lei hanno condiviso il desiderio di proclamare con la voce alta e risoluta dell’immagine iconica, ansie, tormenti ed impegno civile, a dimostrazione che l’incanto che l’arte suscita nei cuori sensibili può, anzi deve andare a braccetto con le manifestazioni genuine e sincere dell’amore per la bellezza, l’umanità e il trascendente.

Ad inconfutabile dimostrazione di tale assioma, che segna la radice ed il tronco dell’esperienza artistica e di vita della Rasetta, sta l’esito finale dell’iniziativa, che ha previsto, una volta smontato l’albero in concomitanza con l’Epifania, l’assemblaggio di tutte le tessere di filato per formare splendide coperte variopinte donate ad associazioni attive nel sostegno alle vittime di violenza e ai bambini disabili.

Ma poiché qualsiasi sogno di solidarietà e di pace non è concretizzabile senza un valido ed efficace concorso di idee ed energie, ecco che a Mina si sono affiancate nella realizzazione dei lavori, le magnifiche donne di Montesilvano Colle, depositarie e custodi di quel “saper fare” domestico che sa andare dritto alla sublimazione artigiana grazie al valore aggiunto di una solida e gioiosa affettività familiare.

Ci sembra perciò doveroso citare almeno alcune di queste benemerite co-protagoniste di un evento che onora, insieme allo scrigno forse un po’ troppo misconosciuto del Borgo, l’intera comunità di Montesilvano, di cui indiscutibilmente rappresenta a pieno titolo la culla e la matrice etno-storica: Natalina Cavalancia, Licia Ceneri, Lina Di Gioacchino, Marina Di Luca, Antonietta Di Luzio, Matilde Ferzetti, Denia Guarnieri, Chiara Ialacci, Giovina Marcheggiani, Antonietta Massimi, Anna Mazziotti, Antonietta Panaccia, Cristina Silvetti ed Elvira Silvetti.

Abbiamo avuto il piacere di cogliere direttamente da Gelsomina il senso profondo del messaggio e del lavoro che ha unito per mesi la parte femminile di una comunità che forse anche per motivi ambientali custodisce ancora sentimenti e pratica quotidiana improntati ad una umanità calda, generosa e solidale.

Professoressa, come nasce l’idea dell’”Albero della Pace”?

Ho sempre pensato che l’augurio più bello che si possa fare e ricevere è che la Pace e la Bellezza possano prevalere nei cuori degli esseri umani e far comprendere la brutalità della violenza e della guerra. Oggi però ci tocca constatare che se Il mantello sacerdotale del Patriarca della Chiesa Ortodossa Russa è rivestito di pietre e oro preziosi, il cuore e le mani che si innalzano verso il Cielo si scrollano di dosso il sangue innocente del popolo ucraino. Nel mondo le guerre, la violenza, l’odio, la distruzione, il non rispetto dei diritti sono problematiche sempre attuali nella storia e vissuti con dolore e sopraffazione. Da questo dramma emerge sempre forte l’impegno alla conquista della pace. Le donne che amano la vita si sono ritrovate nel mio pensiero; l’Albero della Pace raccoglie questa sofferenza e cerca con la sua simbologia di aprire sentimenti alla condivisione del bene con la luce della speranza.

Secondo lei un’opera artistica è fine a sé stessa, ossia serve solo ad esternare la personalità di chi la esegue, o deve anche veicolare messaggi rivolti alla riflessione e all’impegno?

L’opera artistica è la somma di emozioni, conoscenze, capacità, cultura e l’artista esprime le sue urgenze comunicative con l’impegno e l’idea di guardare oltre.

Lei è stata una apprezzata docente di materie economiche, un settore della scienza che ai più appare alquanto “arido” e distante dall’arte, che, come dice lei, è “urgenza”, quindi tensione spontanea e gratuita a farsi conoscere per quanto di interessante e positivo possiamo esprimere; le chiedo, essendo stata a lungo a contatto con adolescenti in piena fase di crescita e maturazione psico-fisica, cosa possono scambiarsi vicendevolmente un giovane dalla personalità ancora incompiuta ed un insegnante che quel percorso ha già compiuto e che per di più possiede e sa esprimere l’animo di artista?

Forse è stata la vena creativa ad impegnare me e gli studenti nell’attività di ricerca nelle classi superiori. Nell’intervallo di tempo degli anni ’80 – ’90, agli albori in Italia delle indagini di mercato, abbiamo realizzato tre pubblicazioni: “La figura del consumatore”, “La figura del risparmiatore” e “La città di Pescara”. Il lavoro ci ha impegnati nella preparazione dei test, nella raccolta dei dati e nella interpretazione degli stessi. Una classe quinta, vivace e competente con il computer, è stata incuriosita all’inizio e via via sempre più impegnata. Ha preparato pagine didascaliche nella forma più lineare e sintetica possibile, riassumendo così con poche righe consequenziali il testo di economia aziendale. È stata la prova del nome all’ esame di Stato: un lavoro che, insieme a tante visite aziendali e museali, ha fatto sì che il rapporto tra insegnante e ragazzi fosse fluido, coinvolgente e proficuo, ma soprattutto di fiducia reciproca tesa a rafforzare e stimolare il desiderio di crescere insieme.

2010, “L’Albero della Vita”, o “Albero Madre”; 2022, ad epilogo di ulteriori condivisioni artistiche con le donne di Montesilvano Colle, “L’Albero della Pace”: esiste un “fil rouge” a contrassegno di questo suo personale impegno sociale ed artistico?

La pace, la condivisione, la fratellanza, il rispetto, la donna sono i temi ricorrenti della mia espressione artistica. In ragione della grande valenza relazionale di questi principii ho sempre considerato naturale condividere progetti e iniziative con chi si mostrasse più sensibile verso solidarietà e bellezza dell’Arte, coinvolgendo in particolar modo le donne, i giovani e il mondo della scuola. A tal proposito vorrei ricordare come le insegnanti del Plesso Scolastico di Montesilvano Colle abbiano accolto con grande favore la richiesta di un incontro coi ragazzi per il 25 aprile allo scopo di sensibilizzarli all’attenzione all’ambiente simboleggiata dalla cura e manutenzione proprio dell’Albero della Pace, piantato dopo l’esposizione natalizia in un angolo della Piazza Osvaldo Galli, luogo eletto di incontro e di svago tra giovani, posto in posizione di equidistanza tra la chiesa parrocchiale di San Michele e l’antica chiesetta della Madonna della Neve.

Qual è il segnale che si prefigge di inviare attraverso le sue opere ed i suoi progetti che mirano a coniugare l’amore per la bellezza e lo spirito di solidarietà a favore di chi patisce i mali del mondo?

Segno distintivo … il cuore … con tante performances: dipinti di stoffa, di legno, all’uncinetto, di fiori, di foglie, a seconda del tempo e dello spazio, di “pietre” in questo momento storico. Sono spinta da una forza interiore a dialogare con “l’altro” sia nel quotidiano, sia nei molteplici laboratori con programmi specifici nelle scuole di vario grado, in incontri programmati con le donne, con mamme e figli, con mamme e figli con handicap, ponendoci in gioiosa semplicità e affettuosa reciproca fiducia.

Sin qui la brillante e serena conversazione con Mina, sempre preziosa per chi con lei interloquisce stabilendo con grande spontaneità e profondità una intesa a dialogare piacevole e feconda.

Di più Mina non dice di sé, misurata e, direi, quasi pudica nell’esternazione della propria importante personalità di donna, educatrice ed artista in grado di rendere partecipe chiunque attorno alla propria progettualità appassionata e appassionante.

Ricorriamo pertanto alle parole della professoressa Eide Spedicato-Iengo, notissima sociologa e docente universitaria, autrice di innumerevoli libri e pubblicazioni scientifiche, donna di cultura vastissima e di brillante e suadente eloquio, che nel catalogo “Dell’amore e della bellezza” di Gelsomina Rasetta chiude esaurientemente il cerchio sulla figura della brava artista pescarese.

Una maniera per uscire dall’imbroglio di questo preoccupante scenario sociale potrebbe essere quello di riscoprire il significato di parole traballanti e desuete, quali quelle che esplicitamente richiama o a cui implicitamente allude la ricerca artistica di Gelsomina Rasetta. Mi riferisco qui a parole come etica, rispetto, attenzione, cura, solidarietà. Parole che lungi dall’essere un’astrazione sono, invece, la chiave d’accesso per produrre incontri nel segno della disponibilità, del dialogo, della partecipazione.”

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