L’angolo della poesia

a cura di Gennaro Passerini

Presentiamo, nel nostro angolo della poesia, una vera e propria meditazione di Silvia Di Lorenzo, una poetessa che, da tempo, pubblica testi poetici e in prosa, conseguendo riconoscimenti e premi di un qualche rilievo. La sua prima silloge ha per titolo Sui sentieri dell’uomo, pubblicata, nel 1996, per i tipi delle edizioni Tracce di Pescara, cui hanno fatto seguito altre raccolte di poesie e di racconti brevi, a volte in miscellanea. Il testo che qui è presentato è stato scritto negli ultimi giorni, sull’onda emotiva e di sgomento, per l’assurdo evento della invasione russa dell’Ucraina. Vi confesso che ha suscitato in me una forte emozione rinnovando la domanda di dove stiamo andando, quale è lo scopo della vita, riflettere su quale sia l’aspetto più importante della vita. Vi consiglio di leggerla attentamente insieme al sapiente commento affidato alla penna del prof. Raffaele Simoncini.

IL FIORE NON SA…DELLA GUERRA

15 marzo

Il fiore del mandorlo

non sa della guerra

non ne sa nulla la fragola del bosco

la rosa che spunta

la margherita gialla

La natura irrompe

con la sua primavera

L’uomo irrompe

coi suoi giochi di guerra

non vede l’azzurro

né il verde

non nota i colori

Stagione grigia

lacrime e sangue

esplode il cielo

si asciuga la terra

Chi uccide

chi piange

chi soffre

chi muore

chi spera

o dispera

Viaggia nel tempo l’umana miseria

con le oscene battaglie

di potere e di gloria

Chiedo scusa all’albero in fiore

al pesco

alla rosa

al sole che sorge

al mondo tutto

alla pioggia

alla neve

chiedo scusa

per l’indifferenza

e l’orrore

Ma soprattutto chiedo scusa

Al bimbo che piange

alle madri

al vecchio disperato

a ogni essere che si spegne

nel grido silenzioso

di un deserto senza luce

Scrive Aristotele, agli esordi della Metafisica, che, se tutti gli animali sono forniti di sensazione, ve ne sono alcuni che posseggono un tratto differenziale di rilievo: la memoria. Proprio per questo, gli uomini sono intelligenti, perché hanno capacità di imparare, attraverso di essa: la storicità, dunque, sarebbe maestra di vita, secondo una lunga e duratura tradizione. Come è possibile conciliare una visione così elevata dell’uomo con ciò che sta accadendo in questi drammatici, violenti, assurdi giorni di guerra, di morte, di distruzione, di sofferenze inenarrabili? La natura, quella che irrompe con la sua primavera, con i suoi meravigliosi colori, con i suoi profumi, con i suoi sapori, nulla ha a che spartire con la stagione grigia, le lacrime e sangue: con chi uccide, chi piange, chi soffre, chi muore, chi spera o dispera. Un grigiore dei luoghi, degli ambienti, un nero denso, impenetrabile, asfissiante ricopre l’umana miseria: un cupio dissolvi si manifesta in inutili lotte di potere e di gloria. Traspare una presunzione arrogante, miope di immortalità, di eternità, tanto più sconcertante, quanto più si rifletta sulla vera, inderogabile sorte che spetta ad ogni uomo, a tutta l’umanità. Ci si trova, così, al cospetto di una miseranda indifferenza e di un orrore ineffabile, di una dis-umanità indegna e perversa. La poetessa, al cospetto di tanta sofferenza e di una incapacità concreta di poter intervenire su un destino di morte e di violenza gratuite, avverte la difficoltà di trovare parole atte ad esprimere un sentimento che accomuni tutti gli uomini. E come potrebbe essere smentita la ubris, la tracotanza, l’andare oltre della tragica superiorità umana, se non chiedendo scusa a madre natura per i suoi alberi in fiore, per la pioggia, per la neve, per la rosa, per il sole che sorge, per la vita che ci dona? E, certamente, affidando alle toccanti parole della poetessa la ricerca di un orizzonte di senso, di una grammatica esistenziale, occorre soprattutto chiedere perdono al bimbo che piange, alle madri, al vecchio disperato a ogni essere che si spegne nel grido silenzioso di un deserto senza luce. La violenza, la morte, la distruzione inquadrano questo tetro, desolante deserto di luce; e, pur tuttavia, da esso emerge stoicamente la dignità e la moralità di un intero popolo, che nessuna guerra potrà mai scalfire, nell’ordine del tempo.

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