La radio: una realtà del passato?

di Raffaele Simoncini

Agli inizi degli anni Settanta, quando esplose in Italia il fenomeno comunicativo della televisione a colori – chi ha qualche anno sulle spalle, ricorderà di certo il successo clamoroso del Gesù di Nazareth di Zeffirelli, in molti preconizzarono la fine della radio e della sua importanza. La radio aveva avuto le sue origini nel 1924, quando, dalla sede di Roma-Parioli, cominciarono ad essere trasmesse musica classica e sinfonica; poi, cominciarono a irradiare la stessa programmazione le sedi di Milano, Napoli, Torino. Nel 1929, quando la radio si trasformò in EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche), diventò realmente un mezzo di comunicazione di massa. In quel periodo e negli anni immediatamente successivi, ebbe inizio il primo, grande successo di massa: la radiocronaca. E non si trattava di cronache sportive, ma di edizioni radiofoniche di opere letterarie: il primo successo di rilievo si ebbe con l’edizione radiofonica de I quattro moschettieri, e cominciarono ad avere una certa notorietà gli attori che vi recitavano. La radio cambiò poi, nel tempo, legando la sua evoluzione anche ai mutamenti sociali, storici, politici e culturali in senso lato. Alcuni esempi: l’otto settembre 1943, gli italiani ebbero la notizia dell’armistizio direttamente dalla voce di Badoglio; negli anni Cinquanta e Sessanta, lasciarono una traccia indelebile, nella storia della comunicazione di massa, trasmissioni in diretta: il Festival di Sanremo, Gran Varietà, La Corrida sono esempi di programmi che avranno una loro collocazione stabile anche nella programmazione televisiva. Il vero boom della radio si ebbe, tuttavia, con trasmissioni pensate per un pubblico di giovani: Bandiera Gialla e, soprattutto, Hit Parade, e con la prima trasmissione interattiva, che consentiva di intervenire in diretta: nel 1969, esordì Chiamate Roma 3131. Quello che avvenne dopo è storia anche di oggi; la radio, rispetto alla stampa e al cinema, era il primo esempio di trasmissione di informazioni in diretta. Prima della radio non era ipotizzabile questo tipo di comunicazione, perché solo testimoni oculari potevano sapere e vedere cosa stesse accadendo, momento per momento.

  Niccolò Carosio

Era il mondo del giornalismo che solo il giorno dopo offriva un resoconto dell’accaduto. quando ebbero inizio le radiocronache, il coinvolgimento emotivo dell’ascoltatore divenne forte, immediato. Per le generazioni dell’epoca, alcuni nomi di radiocronisti divennero famosissimi, mitici: basterebbe pensare a Nicolò Carosio, prima voce e primo esempio di radiocronista sportivo, o a Nunzio Filogamo, presentatore di molti spettacoli radiofonici e, in particolare, delle prime edizioni del Festival di Sanremo. Una nota di costume completa questa prima, lunga fase dello sviluppo della radio: chi ha presente alcuni modelli di radio dell’epoca, ricorderà che essi erano importanti per l’arredamento delle case e per abbellirle e rappresentavano un tratto distintivo sociale, come accadrà, in seguito, per il frigorifero e per la televisione. Dopo un periodo di declino, che apparve segno irreversibile di crisi, la radio è tornata ad essere centrale nella comunicazione. C’e un motivo di fondo per questo successo evidente e duraturo nel tempo? Proviamo a soffermarci almeno su alcuni di essi, presenti in una indagine Istat del 2006.

  1. La radio esige un pubblico consapevole dei suoi orientamenti. Quando un ascoltatore accende la radio, sa già in partenza cosa vuole ascoltare e su quale canale andare a trovare; procedimento totalmente diverso dallo zapping televisivo, per cercare cosa vedere;

  2. La radio permette di “neutralizzare” la pubblicità: il fastidio – che a volte diviene intollerabile violenza – dei messaggi pubblicitari, lanciati nel bel mezzo di trasmissioni televisive, può essere interrotto abbassando il volume di ascolto per il tempo debito;

  3. La radio seleziona i propri ascoltatori: c’è una offerta sempre orientata e ognuno può ascoltare ciò che più l’interessa: chi ama musica classica sa che deve orientarsi prevalentemente su canali specializzati del settore (ad esempio, Rai Tre). Ogni programma ha tipologie precise di ascoltatori: chi si trova a viaggiare su strade e autostrade, per avere comunicazioni in tempo reale su viabilità e eventuali problemi e difficoltà di circolazione (incidenti, code, file, interruzioni o rallentamenti per lavori in corso) può seguire Linea Verde-Isoradio. Insomma, ogni ascoltatore già sa in partenza cosa vuole ascoltare e come fare per renderlo possibile;

  4. La radio ha avuto una vertiginosa “moltiplicazione” negli ultimi anni, sia quantitativa che qualitativa. Le cifre riferite agli ascolti sono impressionanti: tra 35 e 40 milioni di ascoltatori al giorno, su un’offerta che supera ormai abbondantemente le 2000 emittenti, tra pubbliche e private. Non è un caso, perciò, che nessuna radio riesca ad avere ascolti superiori al 20 per cento dell’ascolto totale. Ancora più evidente è la conferma che l’audience è abbastanza ben distribuita;

  5. La radio, soprattutto negli ultimi anni, si è aperta alla comunicazione interattiva: gli ascoltatori possono partecipare alle varie trasmissioni, telefonando per chiedere o per fare domande, di solito in relazione agli argomenti trattati. Tutto ciò ha un fascino particolare per il radioascoltatore, che sa di poter dialogare, pur se brevemente, con personaggi famosi o con esperti, ai quali chiedere delucidazioni e pareri. Le radio private, in particolare, devono il loro successo e la loro capacità di espansione proprio al pubblico che interviene in diretta, che è anche il terminale delle proposte pubblicitarie, spesso locali, che transitano nei vari programmi;

  6. Il miracolo della radio è tutto nel non vedere, ma nell’immaginare: si immaginano volti di speaker, attori, attrici, esperti, cantanti etc. e si immaginano luoghi, ambienti, scene, studi di trasmissione etc. La radio è evocativa: come un libro, libera dalla gravosa schiavitù di dover vedere, che spesso comporta anche distraibilità e dispersione dell’importanza della comunicazione. Nell’ascolto, la voce è il veicolo principale di comunicazione e postula una partecipe attenzione.

La saturazione da visione è un nodo cruciale della nuova, potente vitalità della radio: ormai, il cast radiofonico è costituito da personaggi famosi, partiti proprio da esperienze radiofoniche di successo che, notissimi anche in tv, hanno sentito e sentono il bisogno e il piacere di tornare a fare trasmissioni radiofoniche. Due nomi per tutti: Fiorello e Renzo Arbore. E chi, tra i “vecchietti” come il sottoscritto, non ricorda il rivoluzionario successo dell’accoppiata Arbore-Boncompagni, alla fine degli anni Settanta, con programmi esilaranti, divertenti, pieni di personaggi strani, originali e quanto mai improbabili da rintracciare nella realtà? La radio medium del futuro? Per il momento è medium del presente e non è poca cosa, considerato che sta per compiere i cento anni….

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