La nuova normalità

   di Mauro De Flaviis
Carissimi lettori, con chi ci legge dai primi numeri abbiamo vissuto e commentato gli ultimi sette anni di comunità locale, nazionale e internazionale, e credo nessuno tra noi avrebbe mai immaginato fino agli inizi del 2020 che potesse accadere quanto è avvenuto negli ultimi due anni. Rispetto alla mia esistenza questo lasso di tempo è molto limitato, eppure si sono verificati innumerevoli eventi tanto che l’equilibrio precedentemente raggiunto ora appare lontanissimo. La prima sensazione è che la normalità di inizio 2020 difficilmente potrà tornare a ripalesarsi nonostante la volontà di tutti noi sia quella di tornare a quella condizione.
Immagino la vostra reazione a questa mia affermazione … Non sono preda di una crisi esistenziale e non sono caduto in uno stato di pessimismo profondo, semplicemente provo a leggere i segnali e i messaggi dell’universo che mi circonda cercando di tramutarli in tendenza e di seguito provo a spiegarmi.
Partendo dal livello globale credo sia evidente a tutti che ci troviamo nel pieno degli effetti di una guerra commerciale a livello planetario, pianificata dalla potenza asiatica che dal 1985 ha messo in atto una strategia per divenire la fabbrica del mondo. Raggiunto l’obiettivo di aver indebolito i sistemi industriali del resto del mondo, con la nostra folle accondiscendenza, e sfruttando il caos generato dalla pandemia si è passati alla fase dell’incasso da qualche mese. A causa della vigorosa ripresa del PIL globale, ancora stimata al +3,6% per l’anno in corso nel World Economic Outlook dal Fondo Monetario Internazionale, nonostante gli effetti della guerra, molti materiali scarseggiano sui mercati internazionali, a causa delle carenti capacità produttive installate nel resto del mondo e per le difficoltà del sistema logistico internazionale. La potenza asiatica ha deciso di modificare approccio battendo cassa e, abbandonato l’approccio competitivo, ha sfruttato la disponibilità dei materiali. I materiali in questione ora vengono commercializzati a livelli di costo inimmaginabili solo un anno fa, con costi complessivi (somma di costi acquisto, trasporti e dazi) che tornano a rendere competitive le produzioni locali (europee, statunitensi e delle altre più importanti aree produttive mondiali); peccato che abbiamo smantellato la maggior parte delle nostre capacità avendo scelto di approfittare negli ultimi decenni dei bassi livelli di costo delle merci di provenienza asiatica. Torneremmo a produrre questi materiali in Occidente? Certo che sì, ma saranno necessari molti anni prima di essere in grado di installare nuove capacità produttive, sempre che le recenti regole a salvaguarda dei consumatori, dei lavoratori e dell’ambiente, che giustamente abbiamo applicato negli ultimi decenni (ad es. Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile), rendano fattibili in Europa queste produzioni industriali. Speriamo di non esserci infilati autonomamente in una posizione nella quale gli altri paesi industriali saranno in una posizione di maggior vantaggio.
In aggiunta a questo sconquasso si sono sovrapposti gli effetti dell’ignobile attacco sferrato agli ucraini dai russi. Altri settori industriali come quello dell’agrobusiness, dell’acciaio e dell’energia hanno subito ulteriori pesanti impatti in termini di costi e disponibilità materiali. Anche se la guerra dovesse terminare nel breve gli effetti saranno importanti e duraturi sui mercati mondiali. Il commercio internazionale è vivo e vegeto e continua a crescere a ritmi ancora più elevati di quanto sia la percezione dei consumatori finali, ma di certo i costi di trasporto marittimo mediamente quintuplicati e i tempi raddoppiati modificheranno in modo sostanziale le catene del valore rispetto all’inizio del 2020.
Passando al livello dell’Unione Europea abbiamo sperimentato un cambio epocale di approccio con l’imponente acquisto dei titoli di stato da parte della Banca Centrale Europea, il grande piano di investimenti PNRR e una risposta pressoché unitaria alla aggressione della Russia assolutamente non preventivata. È molto probabile i vari paesi riusciranno anche nell’impresa di gestire nel medio termine un mercato unico dell’energia e un esercito comunitario. Avremmo mai potuto ipotizzare due anni fa un tale cambio di direzione?
Se analizziamo la consistenza e gli andamenti del consenso dei maggiori movimenti politici in Italia è evidente come i populisti gialloverdi, chiari vincitori delle ultime elezioni politiche, siano in forte ridimensionamento avendo deluso le aspettative dei loro elettori alla prova di governo. Torneremo alla condizione antecedente? Nessuno può prevederlo, ma è certo assisteremo a ulteriori cambiamenti nei rapporti di forza.
La forte accelerazione dei costi dell’energia unita alla indisponibilità di molte materie prime e i relativi aumenti dei costi di produzione hanno generato una forte inflazione, alla quale non eravamo più abituati. Questa eroderà il potere di acquisto dei consumatori mettendo in forte difficoltà i percettori di redditi bassi e aiutando i debitori, in primo luogo lo Stato che vedrà svalutarsi il suo debito. Non torneremo nel breve termine, e forse neanche nel medio, alle condizioni monetarie precedenti.
Tutte queste turbolenze a livello internazionale e nazionale, sottacendo volutamente le limitazioni arrecate dalla pandemia, hanno avuto effetto sulla politica locale?
Se osserviamo l’avanzamento del progetto locale più importante come la fusione nella Nuova Pescara, a un inizio anno di forte attenzione sul tema è seguito nelle ultime settimane il tentativo di modifica della Legge Regionale istitutiva della Nuova Pescara al fine di prolungarne i termini attuativi. Localmente è davvero difficile individuare cambiamenti e stravolgimenti importanti avvenuti a tutti i livelli, come ho tentato di descrivere in precedenza, ma tutto continua a fluire come se nulla fosse accaduto. Nulla cambia, anzi lo status quo è la regola.
Alcuni esponenti della politica locale, contrari alla fusione, hanno ammesso, obtorto collo, che se la Nuova Pescara fosse già operativa essa avrebbe potuto far accedere ai fondi del PNRR i territori di Montesilvano e Spoltore. Entrambe invece rimarranno sostanzialmente estranee a questi flussi finanziari che avrebbero potuto permettere investimenti a favore dello sviluppo sostenibile a tutto beneficio delle comunità locali.
Faccio un esempio esplicativo di quello che intendo scegliendo un caso di scuola. L’Istituto Comprensivo Ignazio Silone a Montesilvano ha la sede non più sufficiente per la propria popolazione scolastica e poiché la scuola in legno in via Migliorino Di Pietro, voluta dall’allora sindaco Cordoma, sul potenziale tracciato della prosecuzione della circonvallazione, non vedrà mai la luce a causa di evidenti carenze progettuali, è stato costretto nel corrente anno scolastico a utilizzare dei container per la frequenza dei bambini delle elementari, in attesa di un investimento ordinario promesso a fine 2020 ma ad oggi non concretizzatosi. Lo stesso Istituto non ha mai avuto una mensa, come sarebbe auspicabile per una scuola di periferia che dovrebbe fornire almeno a una parte di alunni, per lo meno a quelli con difficoltà maggiori, il tempo pieno per tentare di recuperare il divario. La scuola in oggetto, come tutte le altre scuole cittadine, non è stata dotata di un sistema di ventilazione meccanico forzato delle aule che avrebbe evitato ai bambini di trascorrere l’ultimo inverno con le finestre aperte garantendo il ricambio d’aria necessario per minimizzare il rischio contagio, ottenendo un maggiore benessere dell’intera comunità scolastica. L’Istituto Silone possiede delle classi musicali che hanno bisogno di spazi per effettuare prove e concerti: un auditorium sarebbe utilissimo per evitare l’utilizzo dell’unico spazio a disposizione, essendo la palestra non adatta allo scopo a causa dell’acustica non adeguata. Il medesimo Istituto non ha uno spazio attrezzato all’aperto per svolgere attività motoria: sarebbe utile attrezzare a tal fine un’area. Almeno una parte di questi investimenti, che ritengo siano prioritari perché utili a formare meglio i futuri cittadini, potrebbe essere finanziata da risorse provenienti dalle linee di investimento del PNRR.
Compreso che essere già Nuova Pescara avrebbe permesso di poter accedere a risorse altrimenti non accessibili, non avrebbe dovuto far cambiare approccio a tutti i nostri rappresentanti recalcitranti per timore di non poter essere più rieletti? Avrebbero dovuto tentare di accelerare il percorso e invece cosa è accaduto? Hanno chiesto agli amici in Regione di modificare la Legge per posticiparne al 2027 la scadenza, così che i prossimi consiglieri e la prossima Giunta di Spoltore, che emergeranno dalle elezioni, potranno portare a termine la loro consiliatura senza interruzioni.
Buona lettura!
«Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi» (da Il Gattopardo)

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