Andrea Bafile medaglia d’oro al valor militare

   di Pasquale Criniti

Andrea Bafile è stato un militare abruzzese pluridecorato.

Nacque a Monticchio di Bagno in provincia dell’Aquila il 7 ottobre 1878; i genitori, il medico Vincenzo e Maddalena Tedeschini-D’Annibale, ebbero oltre a lui altri undici figli e tra questi Corrado che divenne cardinale.

Andrea a diciotto anni venne ammesso alla Regia Accademia Navale di Livorno.

Il 21 dicembre 1899 ottenne la nomina a guardiamarina e fu destinato all’imbarco sulla nave da battaglia Lepanto che era allora la nave ammiraglia della Squadra Navale.

Nel 1902 fu promosso sottotenente di vascello della Regia Marina e con tale qualifica effettuò numerosi imbarchi su altre navi (la nave da battaglia Sicilia, l’avviso Messaggero, l’incrociatore corazzato Varese, la nave idrografica Eridano, l’esploratore Aquila e l’incrociatore torpediniere Iride) dedicandosi con impegno all’artiglieria navale.

Nel 1908 ottenne un pubblico encomio dal Consiglio Superiore di Marina per il suo Studio sui congegni di mira.

Nel 1907 venne promosso tenente di vascello e prestò servizio per quasi due anni dall’agosto 1908 all’aprile 1910 sull’ incrociatore protetto Elba e per i successivi 12 mesi sulla nave da battaglia Vittorio Emanuele.

Nel luglio 1911 fu assegnato all’Arsenale di Venezia in qualità di Ufficiale Dirigente la 1ª sezione tecnica della Direzione di artiglieria e armamenti con l’incarico di seguire i lavori dell’esploratore Quarto, varato nello stabilimento militare lagunare nell’agosto di quell’anno.

Nel 1913 scoppiò un incendio a bordo della sua nave: il fuoco lambiva la Santa Barbara, ovvero la polveriera del battello, dove erano stivate le munizioni, minacciando i marinai ma anche le navi vicine nel porto. Bafile andò da solo a spegnere l’incendio. Si fece calare nella ciminiera della nave per raggiungere la stiva e riuscì a domare le fiamme, senza mettere a rischio la vita dei suoi uomini. L’episodio gli valse la medaglia d’argento al valor militare, assegnata non in tempo di guerra e quindi ancor più prestigiosa; l’onorificenza gli fu conferita il 27 luglio 1913 da Sua Maestà Re Vittorio Emanuele III.

In seguito rinunciò alla promozione a capitano di corvetta e a un incarico presso lo Stato Maggiore per poter continuare a imbarcarsi sui navigli leggeri, dapprima come comandante in seconda del cacciatorpediniere Audace e poi come comandante della torpediniera Ardea fino al giugno 1917.

Dal 4 al 18 agosto 1916 comandò un treno armato della Regia Marina operativo sulla linea adriatica.

Tra il 4 e il 5 ottobre 1917 prese parte come osservatore all’attacco aereo eseguito da 14 bombardieri trimotori Caproni Ca.33, del Distaccamento A.R. guidati dal maggiore Armando Armani e da Gabriele d’Annunzio, contro la base navale austro-ungarica di Cattaro, sulla sponda montenegrina del mare Adriatico.

L’incursione aerea vide i quattordici trimotori Caproni alzarsi in volo per coprire i quattrocento chilometri di distanza che separavano la base di Gioia del Colle (Bari) da Cattaro, in Montenegro, e sganciare le bombe sull’approdo dei sommergibili e delle navi torpediniere.

Andrea Bafile era all’epoca ufficiale ingegnere della Marina e quando fu deciso di mettere in atto il bombardamento fu chiamato a Gioia del Colle per collocare sugli aerei che dovevano partecipare alla spedizione alcuni strumenti della navigazione marittima, modificati e adattati per consentire ai trimotori il volo notturno: si trattava infatti di velivoli in grado di effettuare fino a quel momento solo il volo a vista.

Quindi installò tutte le bussole e tutti gli apparecchi che servivano solitamente per le navi.

Per aver fatto ciò d’Annunzio lo invitò a partecipare all’azione. Bafile aveva anche il brevetto da pilota e, pur sapendo di rischiare la vita, accettò di prendere parte all’incursione come osservatore. Il successo più grande fu veder tornare alla base intatti, sani e salvi, tutti gli aerei e gli uomini dell’equipaggio. Il Vate rinominò Gioia del Colle in Gioia della Vittoria.

Purtroppo durante l’azione Andrea Bafile riportò una lesione alla cornea dell’occhio sinistro che ne pregiudicò per il futuro l’attività aviatoria.

Per questa impresa gli fu conferita la medaglia di bronzo al valor militare.

Nonostante il suo problema oculare, verso la fine del 1917 ottenne di essere inviato sul Piave al comando del battaglione di fucilieri Monfalcone e poi del Battaglione d’assalto Caorle nel Reggimento San Marco. Partecipò anche alla difesa di Venezia, minacciata dagli austriaci dopo la disfatta di Caporetto.

Nella notte tra l’11 e il 12 marzo 1918 riuscì ad oltrepassare il Piave con altri quattro marinai per eseguire una ricognizione ma, nel riattraversare il fiume, nei pressi di Cortellazzo (Jesolo) fu scoperto e ferito. Riuscito a rientrare nelle linee italiane, morì poco dopo per la gravità delle ferite riportate nel combattimento.

La tragica fine di Andrea Bafile suscitò una grande emozione nell’opinione pubblica e segnò profondamente l’animo degli uomini al fronte: all’indomani della morte, il Capitano di vascello Alfredo Dentice di Frasso avanzò la proposta di conferirgli la medaglia d’oro al valor militare alla memoria, che gli venne assegnata e così motivata: « Andrea Bafile, comandante di un battaglione di marinai, mentre preparavasi una operazione sull’estrema bassura del Piave, volle personalmente osare un’arrischiata ricognizione tra i canneti e i pantani della sponda sinistra perché, dallo strappato segreto delle difese nemiche, traesse maggiore sicurezza la sua gente. Tutto vide e frugò, e sventato l’allarme, già trovava riparo, quando notò la mancanza di uno dei suoi arditi. Rifece allora da solo la via perigliosa per ricercarlo e, scoperto poi dal nemico mentre ripassava il fiume, e fatto segno a vivo fuoco, veniva mortalmente ferito. Guadagnata la sponda destra in gravissime condizioni, conscio della fine imminente, con mirabile forza d’animo e completa lucidità di mente, riferiva anzitutto quanto aveva osservato nella sua ricognizione, e dirigendo ai suoi infiammate parole, atteggiato il volto a lieve sorriso che gli era abituale, si diceva lieto che il suo sacrificio non sarebbe stato vano. E passò sereno qual visse, fulgido esempio delle più elette virtù militari, coronando con gloriosa morte il 12 marzo 1918 a Cortellazzo una vita intessuta di luminoso coraggio, di fredda, consapevole e fruttuosa audacia, del più puro eroismo».

Il 9 aprile 1918 il Battaglione Monfalcone venne reintitolato ad Andrea Bafile, prima medaglia d’oro del reggimento.

Sepolto nel cimitero di Ca’ Gamba a Jesolo, il suo corpo fu poi riesumato e trasportato con onori solenni in Abruzzo.

Dal 20 settembre 1923 le sue spoglie mortali riposano in un sacrario, opera di Felice Giuliante, realizzato nel 1920 per commemorare i caduti abruzzesi della prima guerra mondiale, scavato fra le rocce della Majella a Bocca di Valle, presso Guardiagrele in provincia di Chieti. Il sacrario presenta pregevoli pannelli in ceramica realizzati da Basilio Cascella e restaurati da Luigi Bozzelli ed un’ara scolpita nella roccia da Felice Giuliante.

Il suo caro amico Gabriele d’Annunzio scrisse per lui il libro “La Beffa di Buccari”, con i cui proventi della vendita voleva finanziare la realizzazione di un busto in bronzo per commemorare l’amico fraterno morto in guerra, come recita un capoverso nelle ultime pagine del libro stesso.

L’Aquila gli ha intitolato un liceo scientifico; oltre al liceo gli è stato intitolato anche un bivacco posizionato a quota 2669 sulla cresta sud-est della vetta centrale del Corno Grande del Gran Sasso d’Italia, di metri 2,40 X 2,80 di lato con 9 posti letto.

Il rifugio fu inaugurato il 18 settembre 1966 dalla sezione del CAI dell’Aquila.

La Marina Militare ha intitolato nel 1968 alla sua memoria una nave da sbarco indicata con il distintivo ottico L 9871 che restò in servizio fino al 1981. Posta in disarmo nel 1985, venne in seguito radiata nel 1988 e demolita nel 1990.

Gli sono state anche intitolate la Compagnia Operazioni Speciali del Reggimento San Marco e una caserma di lagunari a Malcontenta di Mira in provincia di Venezia.

Hanno preso il suo nome una strada di Roma, la via principale del Lido di Jesolo e tantissime altre strade di città e paesi italiani.

Anche al primo battaglione del Reggimento San Marco, ricostituito nel 1943 e attivo durante tutta la successiva guerra di liberazione, venne dato il suo nome.

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