LA CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO – LEGGE 3/2012

di Donato Cianfarani

La congiuntura economica che sta interessando l’Italia, segnata profondamente dalla crisi pandemica e strettamente correlata alla recessione globale degli scorsi lustri, proprio nel momento in cui le problematiche sanitarie lentamente sembrano trovare soluzione, sta facendo bruscamente riemergere il fenomeno sociale dell’indebitamento eccessivo (sovraindebitamento) delle persone, delle famiglie e delle aziende, rischiando di innescare conseguenze devastanti per tutto il sistema economico nazionale.

Proprio quando la percezione generale del problema sembrava lasciare spazio all’impossibilità di trovare soluzioni concrete, ecco che i Tribunali cominciano a trovarsi sempre più a sperimentare uno strumento legislativo che, fin dalla sua istituzione, ha chiaramente dimostrato, nello specifico, di giocare un ruolo decisivo: la legge n. 3 del 27 gennaio 2012.

Con essa il legislatore ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto giuridico del SOVRAINDEBITAMENTO, prevedendo una serie di disposizioni normative finalizzate a porre rimedio alle situazioni di perdurante squilibrio finanziario di coloro che, a vario titolo, possono accedere alle procedure in esso previste. Si tratta di un corpo normativo che nella sua applicazione (data la vastissima platea di possibili beneficiari a cui si rivolge), è stato già integrato con importanti modifiche avvenute con la legge 176/2020, per poi andare a confluire nel più strutturato Codice della Crisi di impresa e dell’insolvenza di prossima entrata in vigore.

L’obiettivo che il soggetto intende conseguire, aderendo alla procedura, è quello della liberazione dai debiti, compresi quelli residui rimasti insoddisfatti al termine della procedura stessa. La relazione illustrativa al Codice della Crisi chiarisce che il fenomeno “esdebitatorio” rappresenta il vero obiettivo perseguito dal soggetto destinatario della normativa, al fine di consentirgli nuove opportunità nel mondo del lavoro, liberandolo da un peso che rischia di divenire insostenibile e di precludergli ogni prospettiva futura. Le modifiche normative che si sono succedute sono state in gran parte finalizzate ad esaltare quindi la finalità di politica economica dell’istituto consistenti non tanto in una forma di premialità soggettiva quanto piuttosto nel consentire una nuova opportunità a soggetti schiacciati dal peso di un debito divenuto insopportabile.

Il legislatore ha dovuto però contemperare la finalità di conseguire l’esdebitazione da tutti i debiti residui del soggetto che accede ad una delle tre procedure previste, (oggi accordo di composizione della crisi, piano del consumatore e liquidazione del patrimonio; domani concordato minore, ristrutturazione dei debiti del consumatore, liquidazione controllata), con la legittima aspettativa dei creditori al soddisfacimento delle proprie pretese. Ecco perché è previsto il necessario intervento del Tribunale di competenza, a garanzia del rispetto di tutte le disposizioni di legge. Pertanto sono stati istituiti gli OCC, acronimo di Organismo di Composizione della Crisi, accreditati presso il Ministero di Giustizia, presenti ormai in quasi tutto il territorio nazionale, ed è previsto un registro dei Gestori della Crisi, tenuto sempre presso lo stesso Ministero, popolato da professionisti appositamente formati, in possesso di requisiti molto stringenti, ed in costante aggiornamento.

Per avviare il percorso è necessario rivolgersi all’OCC, che nominerà il professionista incaricato di assistere il soggetto fino alla presentazione del ricorso presso il Tribunale di competenza il quale, con appositi provvedimenti, dichiarerà aperta la procedura (decreto di apertura della liquidazione, decreto di ammissione/quindi omologa del piano del consumatore o dell’accordo con i creditori), per poi passare alla fase dell’esecuzione.

I soggetti ai quali la normativa si rivolge sono le persone fisiche, le società e gli enti non fallibili.ai sensi della vigente legge fallimentare, a condizione che si trovino in una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.

Quando viene avviata la procedura, con la formale domanda rivolta all’Occ competente, e con la nomina e la conseguente accettazione da parte del professionista incaricato/gestore della crisi, si attiva una pluralità di meticolosi adempimenti finalizzati a ricostruire fedelmente la situazione del soggetto, per permettere al giudice di valutare tutte le numerose condizioni di ammissibilità della proposta che verrà presentata; il ricorso sarà necessariamente accompagnato dalla relazione particolareggiata sottoscritta dal gestore della crisi e dalla relativa documentazione di supporto.

Il ceto creditorio, che subirà la riduzione parziale o totale dei propri diritti, non potrà avviare alcuna procedura esecutiva individuale, anzi subirà la sospensione di quelle in corso, così come si interromperanno le cessioni del quinto e le delegazioni di pagamento eventualmente in corso, fenomeni molto diffusi nel panorama finanziario italiano.

La forte compressione che i diritti dei creditori viene a subire sembra essere bilanciata da tutta una serie di norme, il rispetto delle quali riduce considerevolmente la possibilità che le pratiche omologate sfuggano al conseguimento della finalità sociale che l’istituto in questione vuole raggiungere: contrastare forme di usura e, soprattutto, favorire grazie all’esdebitazione, la ripresa nazionale.

Tra queste norme rileviamo, in particolare, quelle che impongono al soggetto che avvia la procedura un sacrificio economico/finanziario variamente configurabile (messa a disposizione del proprio patrimonio, in tutto o in parte, o di somme di soggetti terzi/es. di un parente, o di quota del proprio reddito disponibile, o di utilità rilevanti sopravvenute, nel caso di debitore incapiente).

In conclusione, se da un lato, proprio in questi mesi si assiste ad un incremento di procedure omologate (soggetti deboli: affetti da ludopatia, con finanziamenti insostenibili, coppie separate, persone che hanno perso il lavoro, o che hanno dato in passato garanzie a familiari, soci di società in difficoltà), dall’altro lato bisognerà necessariamente attendere un periodo di tempo maggiore per capire se concretamente l’istituto in questione avrà contribuito alla soluzione della crisi da sovraindebitamento che sempre più colpisce soggetti che, a vario titolo, come succitato, rischiano di rimanere esclusi dal tessuto economico e sociale.

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