Intervista al dottor Giustino Parruti a cura di Antonio Farchione

Antonio Farchione: Dottor Parruti una domanda, in questa fase post lockdown, che mi viene da porle è di tracciarci un quadro completo della situazione del contagio.

Giustino Parruti: La situazione attuale del contagio è, a mio modo di vedere, piuttosto preoccupante a livello mondiale perché si sta confermando che la possibilità di controllare questo virus in questa fase è strettamente legata a una serie di provvedimenti strutturali, organizzativi, sistemici, che ciascuno Stato, ciascuna Regione, ciascuna Provincia, deve assumere in relazione alle misure e all’entità della circolazione del virus in un determinato contesto. Non è un caso che a livello mondiale, dove meno saggia e meno tempestiva e meno guardinga è stata la guida dei decisori, dei medici e dei politici, tanto più la popolazione ha sofferto per la diffusione direi quasi illimitata del virus. Sono alcuni giorni, come è noto a tutti, che il virus ha prodotto almeno 200.000 nuovi casi di contagi al giorno, il che vuol dire che non è il caldo, non è la stagione, non è la casualità o la incidentalità di determinati provvedimenti che può modificare l’andamento di questa epidemia ma solo un’assunzione di consapevole responsabilità da parte di ciascun cittadino e di ciascun decisore. Il nostro Stato ha agito molto bene, siamo stati e siamo considerati una delle principali e più avvedute centrali di coordinamento della risposta nel mondo e questa è la ragione per cui anche diversi Stati di altri continenti stanno guardando all’esperienza italiana. Abbiamo saputo fare un lockdown molto deciso, questo ha determinato nel contesto attuale una forte riduzione dei portatori asintomatici. La maggior parte dei portatori asintomatici attuali ha effettivamente bassa carica perché dal momento in cui si è infettata è passato in media molto tempo e quindi la risposta immune dell’ospite sta migliorando con conseguente carica virale più bassa. Ma il problema è che nel contesto internazionale con le sue purtroppo gravi connotazioni, la possibilità che l’Italia, la nostra Regione nello specifico, la nostra Provincia in particolare, vengano nuovamente coinvolte da una avveniente ripopolazione di asintomatici provenienti da altre aree del mondo a più densa circolazione è tutt’altro che improbabile. Per molti versi, economicamente, è auspicabile perché se non avessimo persone provenienti da altre aree a più alta circolazione vorrebbe dire che la nostra economia e il nostro turismo in particolare vanno in sofferenza per una autarchia che non vogliamo. Quindi il contesto è localmente favorevole ma fortemente suscettibile di variazioni che non dipendono dalle variazioni climatiche, ma da due fattori: dal numero di persone che visiteranno l’Abruzzo nei prossimi due mesi, che auspicabilmente dovrà essere alto, e dalla capacità di aderenza delle misure di controllo dell’epidemia che abbiamo messo in impianto e che devono essere mantenute almeno per tutta la stagione estiva fino a nuova valutazione.

Antonio Farchione: Dottor Parruti nel caso di una nuova ondata di contagio che potrebbe colpire il nostro Paese e l’Abruzzo in particolare, il nostro sistema sanitario riuscirebbe a reagire con una risposta adeguata?

Giustino Parruti: Nel caso di una evidenza del genere nella nostra Regione l’organizzazione, devo dire, è veramente ottima. In particolare sono molto fiero dell’organizzazione che abbiamo qui a Pescara. Fino al 31 dicembre possiamo contare su una forte infrastrutturazione del controllo sul territorio per cui il numero dei tamponi, la tempestività con cui i tamponi possono essere utilizzati per caratterizzare e connotare una nuova eventuale circolazione del virus, ci dà due garanzie: la prima è che se ci fosse una nuova circolazione del virus e nuovi focolai epidemici li circoscriveremo molto più rapidamente di prima e comunque molto prima che possa esservi una disseminazione ampia come quella che nelle settimane di marzo purtroppo ha causato l’emergenza con tanti casi gravi simultaneamente. Se poi ci fossero delle persone che andassero in progressione clinica, abbiamo la nuova organizzazione dell’ospedale Covid che è perfetta, nel senso che siamo pronti, senza più alterare l’organizzazione normale dell’ospedale, a poter assistere fino a 40 malati in terapia intensiva e sub intensiva e almeno 40 malati non critici. Naturalmente se, in emergenza, dovessimo trovarci a fronteggiare di nuovo 200-300 casi ospedalizzati, con il nuovo Covid Hospital e con l’attuale ospedale saremo in grado di ospitare almeno 100 malati in più di quanto fatto prima. Ripeto la nostra organizzazione sia territoriale che ospedaliera è ottimale, ma spero che il senso di responsabilità di tutti noi sia tale che, con il distanziamento, l’uso della mascherina, il lavaggio costante delle mani, non si abbia proprio nessuna evenienza in questo senso.

Antonio Farchione: Direttore il nuovo Covid Hospital ha richiesto un investimento importante che presuppone in prospettiva grandi potenzialità. Esiste una visione strategica all’interno della quale questa struttura imponente possa trovare una sua operatività che vada oltre l’immediata risposta all’emergenza pandemica?

Giustino Parruti: Questa domanda è molto importante specialmente parlando sulle colonne di una rivista che vuole essere all’avanguardia nella diffusione delle buone idee e dei buoni modelli sul territorio locale. L’idea del Covid Hospital di Pescara nasce dentro un progetto di ampio respiro, come lei stesso sta sottintendendo, di allargamento della rete ospedaliera pescarese. Pescara ha sofferto cronicamente una carenza di posti letto specialmente nell’area medica. In particolare ha sofferto tantissimo proprio della chiusura dell’ospedale ex Isvap associato da sempre al nostro monoblocco e in passato finalizzato alla gestione prevalente del materno infantile. Da quando è stato chiuso ha determinato, nell’ambito dell’ospedale di Pescara, una cronica carenza di spazi. Con questo nuovo progetto i numeri che sono stati calcolati, nonché l’analisi dei fabbisogni che già la Regione ha in larga misura recepito, danno l’idea di quella che è la necessita di nuove disponibilità di posti letto nell’area medica, stimata tra i 60 e i 90 posti letto. L’organizzazione dell’ospedale Covid con il futuro trasferimento, oltre a malattie infettive e pneumologia e all’istituzione della terapia intensiva medica e sub intensiva medica, darà la possibilità di attivare una serie di servizi per la cittadinanza, incluso un grande e ampio centro polifunzionale per le terapie di ospedale di giorno che, fino adesso, non abbiamo avuto modo di realizzare in forma adeguatamente strutturata. Offrirà pertanto un contesto strategico interessante, cioè andremo in questo prossimo futuro a realizzare una varietà di offerta per la cittadinanza che potrà rimettere davvero Pescara in linea con gli standard più importanti, oltre che offrire un’immediata ospitalità per eventuali recrudescenze di malattie trasmissive.

Antonio Farchione: Dottor Parruti, non è mia intenzione portarla sullo scomodo terreno delle polemiche, ma qualcuno, di fronte a circa 11 milioni di Euro di investimento, ha subito pensato al Covid Hospital come all’ennesima cattedrale nel deserto e che il denaro pubblico avrebbe potuto intercettare altre priorità come investimenti per la medicina territoriale, azioni di diagnosi preventiva, aumento del personale sanitario …

Giustino Parruti: Da quando sono ragazzo non ho mai perso tempo a fare polemiche, ascolto sempre ciò che l’agorà dice. Certo è che le cose che le ho detto sono vere e documentate, che la risposta che stiamo dando è commisurata ai bisogni di questa città, e poi la prova dei fatti è prossima: più che discutere sulle teoria bisogna verificare l’esecutività. Noi stiamo entrando nella fase più cruciale di questa operazione. Nei prossimi due-tre mesi daremo vita alle procedure concorsuali per l’ampiamento del personale in forma stabile. Sono state già avviate per le aree coinvolte in questo momento dalla necessità, l’obiettivo è avere più personale in pianta stabile, rispetto a quello che è stato preso a tempo determinato per l’emergenza. Sarò abbastanza felice e soddisfatto se, all’arrivo del nuovo Direttore Generale, potremo effettivamente presentare una realtà già esecutiva, già operativa, che di fatto sia una risoluzione di un segmento di quelle che sono le esigenze locali. Credo che, peraltro, questo governo regionale abbia avuto una grossa attenzione, e per questo ringrazio Marsilio che gode di tutta la mia stima come pianificatore e operatore, facendo veramente molto perché tutte le aree di questa Regione avessero un supporto e un’organizzazione stabile e permanente. Del resto l’ultimo documento programmatorio dell’assessorato e della quinta commissione mi sembra che descriva molto bene come tutto il territorio abruzzese sia stato considerato. Con questi presupposti le critiche ben vengano se ci aiutano a fare sempre meglio.

Antonio Farchione: Dottor Parruti, recentemente sulle colonne del Corriere della Sera, in un’intervista il prof. Giuseppe Remuzzi ha dichiarato che una ricerca del Mario Negri ha evidenziato che i nuovi soggetti positivi non sono contagiosi. A questo si aggiungano anche le recenti linee guida dell’OMS che non raccomandano più il doppio tampone negativo per certificare la guarigione da Covid-19. Francamente come cittadino mi sento un po’ confuso. Ci può aiutare a capire cosa sta accadendo?

Giustino Parruti: Le osservazioni di Remuzzi non solo le uniche, anche il dottor Clementi del S. Raffaele di Milano ha presentato risultati molto simili che sono tutti basati su dati microbiologici italiani. Siccome la diffusione del Coronavirus in forma rapida e rapidamente diffusiva, si è avuta in Italia nei mesi di gennaio, febbraio e i primi giorni di marzo, la maggior parte dei casi che oggi vengono diagnosticati sono o frutto di contagi molto vicini temporalmente a quella fase, oppure frutto di contagi che si sono avuti in persone proprio in quella fase e quindi ora a bassa carica. In altri termini se io mi sono infettato due mesi fa, il sistema immunitario non ha una risposta eradicante nel portatore asintomatico. Che ci piaccia o no, nella stragrande maggioranza di coloro che vengono infettati da questo virus si ha una colonizzazione nell’organismo, per cui c’è un adattamento dell’immunità innata e non c’è una risposta anticorpale, tanto è vero che la gran parte degli asintomatici non ha anticorpi. Pertanto la mia impressione è che i limiti delle osservazioni di Clementi e di Remuzzi siano legato solo all’osservatorio italiano e all’immunità della popolazione italiana nei mesi di aprile e maggio. Se i suddetti ricercatori avessero fatto lo stesso campionamento in Bangladesh, Pakistan o Brasile, forse giungerebbero a conclusioni ben diverse. D’altro canto l’OMS proprio nei paesi sopra nominati non può chiedere tre tamponi per giudicare una guarigione. Le raccomandazioni dell’OMS vanno in senso geo-politico e sanitario, le stesse non vogliono invalidare le nostre scelte nazionali. L’Italia, come i paesi più sviluppati, è più ricca e ha più mezzi dei suddetti Paesi. La nostra politica dei tamponi è essenziale per intercettare precocemente il virus. Solo a Pescara spendiamo 40.000 Euro al giorno per i tamponi. Ovviamente tutto questo è utile se anche le persone, portando la mascherina, lavandosi spesso le mani e mantenendo il distanziamento sociale, valorizzeranno un impianto che ci permette di controllare il virus.

Antonio Farchione: Mi sembra di capire dal suo ragionamento che, nonostante le indicazioni dell’OMS, il doppio tampone sia ancora consigliabile. È così?

Giustino Parruti: Il problema è questo: se io sono stato positivo e ho un tampone negativo, e casomai sono passati tre mesi, grazie alla mascherina, posso muovermi nel contesto sociale. Se io e lei portiamo la mascherina, e se uno di noi due ha una bassa carica, non c’è di che preoccuparsi. Il problema sorge se uno di noi due deve andare a togliersi un dente, piuttosto che fare un intervento chirurgico. È giusto in questa eventualità che si richieda un nuovo tampone. Dunque il doppio tampone è una garanzia che possiamo mantenere, ma non possiamo continuare a sequestrare le persone in casa. Sappiamo che la carica si abbassa, lo hanno dimostrato i nostri ricercatori. L’importante è usare le accortezze del caso a cui sopra si accennava.

Antonio Farchione: Il virus sembra riesca sempre a trovare nuovi modi per sorprenderci. È notizia di questi giorni della scoperta di focolai di contagi nei mattatoi in Germania. È a conoscenza di provvedimenti preventivi nella nostra Regione?

Giustino Parruti: Non dimentichi che il nostro direttore generale, il dottor Antonio Caponetti, è responsabile della sanità pubblica territoriale ed è stato il primo a significarmi le sue azioni immediatamente intraprese per monitorare questo rischio nei mattatoi. Approfitto per dire che il nostro servizio veterinario è eccezionale e funziona molto bene. Come medici ce ne siamo resi conto non ora ma in occasioni precedenti. Il controllo del nostro bestiame e della nostra flora selvatica è eccezionale. Siamo sede come Abruzzo dell’Istituto Zooprofilattico di Teramo che è il riferimento nazionale per le anagrafi della sanità bovina, ovina e suina.

Antonio Farchione: Dottor Parruti più volte nelle sue risposte fa riferimento alla responsabilità dei cittadini. Purtroppo le statistiche sembrano dirci che gli italiani stiano abbassando la guardia: crollo delle vendite di mascherine, l’App Immuni poco scaricata, flop dell’indagine sierologica …

Giustino Parruti: Capisco che la memoria dei guai è breve e che tutti ci stanchiamo. Io stesso da qualche giorno quando esco di casa devo tornare indietro perché ho dimenticato di prendere la mascherina e fino alla settimana scorsa non mi succedeva mai. Ma non siamo fuori pericolo e non possiamo toglierci l’onere di proteggere noi stessi e gli altri tramite l’uso della mascherina. Lo dico con tutta la consapevolezza con cui vorrei affermare il contrario, ma non vi è ragionevolezza alcuna. Se vogliamo riaprire l’Abruzzo, e dobbiamo riaprire l’Abruzzo, dobbiamo proporre l’Abruzzo come meta per le vacanze, è importante continuare a fare uso della mascherina e del distanziamento sociale. È una necessità assoluta. Per quanto riguarda l’App Immuni, io la raccomando soprattutto ai giovani perché se dovessimo intercettare un singolo portatore asintomatico riusciremo a rintracciare tutti i possibili contatti di quel portatore asintomatico. Serve abbastanza poco a persone come me e lei che hanno una vita sociale piuttosto limitata. La diffusione dell’App è ancora sottodimensionata, spero che cresca nelle prossime settimane il numero di persone che se ne servirà.

Antonio Farchione: Dottor Parruti, prima di salutarci, sa darci qualche aggiornamento circa il vaccino. Manca ancora molto?

Giustino Parruti: Credo di no. Questa mattina sono usciti alcuni articoli scientifici molto importanti che fanno il punto della situazione. Le cordate stanno lavorando molto bene, c’è una joint venture internazionale, per cui sono abbastanza fiducioso che da qui a sei mesi avremo il vaccino.

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