Lo scultore Raffaello Pagliaccetti

di Pasquale Criniti

 

Lo scultore Raffaello Pagliaccetti nacque a Giulianova, nel Teramano, il 31 ottobre 1839 da Andrea, commerciante, e da Chiara Trifoni.

Fin da piccolo incominciò a disegnare ed a modellare con la creta ed una coppia di artisti locali, il pittore concittadino Flaviano Bucci con la moglie Laura, gli impartì le prime lezioni di disegno.

Nel 1856 entrò nell’Accademia di S. Luca, dove seguì gli insegnamenti di Pietro Tenerani, vincendo vari premi nei quattro anni di permanenza.

Rientrato a Giulianova realizzò alcuni lavori fra i quali il gesso “Testa di baccante”.

Grazie ad una sovvenzione ottenuta dall’amministrazione provinciale di Teramo poté recarsi alla prima Esposizione nazionale di Firenze, città che lo ammaliò ed in cui decise di stabilirsi.

Nel 1863 realizzò il busto di Melchiorre Delfico, donato dall’artista alla città di Teramo; l’opera, ancora contrassegnata dalla marcata influenza di Tenerani per l’estrema levigatezza e la perfezione dei particolari, fu giudicata dalla critica troppo accademica.

Con questa opera che recava l’iscrizione “Raffaello Pagliaccetti da Giulianova nel 1863 scolpiva” decise di cambiare il proprio nome in Raffaello, in omaggio al celebre pittore.

L’anno successivo realizzò il busto in gesso di Galileo Galilei.

Partecipò frequentemente alle esposizioni della Società promotrice di belle arti di Firenze; nel 1866, in particolare, vi fu presente con varie opere fra le quali la scultura in gesso “Cappellini alla battaglia di Lissa”.

Nel 1867 utilizzando come modello una fotografia eseguì in creta il busto della principessa Margherita di Savoia.

Il ritratto fu accolto con grande favore dalla principessa che concesse allo scultore di posare per lui per la replica in marmo (Firenze, Palazzo Pitti, Appartamenti reali); in seguito Pagliaccetti realizzò varie versioni dell’opera, fra le quali una in terracotta ed un’altra in alabastro.

Fra le altre sue opere ritraenti esponenti della Casa reale merita di essere menzionata la statua a grandezza naturale del Duca d’Aosta in costume da torneo (ricordo delle feste date in Firenze dalla Principessa Margherita in occasione del suo matrimonio col Principe Umberto di Savoia).

Nel 1868 realizzò un busto di Gioacchino Rossini (una versione in bronzo si conserva a Giulianova nella Sala Pagliaccetti); un busto colossale, probabilmente in gesso patinato, raffigurante lo stesso soggetto, venne esposto alla Promotrice di Firenze dell’anno successivo in previsione di una sua traduzione in marmo che arrivò quando Cesare Correnti, allora ministro della Istruzione Pubblica, vide l’opera nello studio dell’artista.

In seguito all’apprezzamento per questo lavoro fu conferita allo scultore l’onorificenza di cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro.

Fra il 1870 ed il 1876 realizzò il gesso “Nudo di donna”, il busto in gesso “Autoritratto”, il busto in gesso patinato a bronzo della poetessa Giannina Milli ed in marmo il Cenotafio di Angelo Antonio Cosimo De Bartolomei (Giulianova, piazza della Libertà) caratterizzato dalla minuta descrizione dei particolari decorativi con all’interno del monumento il medaglione in alto rilievo raffigurante Luigi De Bartolomei ed il busto di Giovanni De Bartolomei.

Nel 1873 partecipò all’Esposizione universale di Vienna in occasione della quale la manifattura Ginori (diretta allora da Lorenzo) fu premiata con medaglia d’oro per una tazza di porcellana raffigurante il Trionfo di Venere e Amore, realizzata su modello di Pagliaccetti.

Nel corso della stessa manifestazione lo scultore fu premiato con medaglia d’oro per il busto del Generale Moltke; quest’opera fu replicata in varie versioni, fra le quali quella in bronzo del 1875 presentata alla Esposizione veneziana del 1887 ed acquistata, in questa occasione, dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, dove tuttora è conservata.

Nel 1877 portò a compimento la statua in gesso di Pio IX, che espose l’anno seguente con grande successo nel suo studio fiorentino e che nello stesso anno presentò all’Esposizione universale di Parigi, ricevendo numerose recensioni positive da parte della stampa.

La statua, probabilmente ispirata al marmo di Vincenzo Vela “Gli ultimi giorni di Napoleone” (Musée national des Châteaux de Versailles), per interessamento di Augusto Conti ed a seguito di una pubblica sottoscrizione venne riprodotta in bronzo nel 1885 e donata a papa Leone XIII (Casa generalizia del Pontificio Istituto missioni estere di Roma).

Nel 1879 a Giulianova diede inizio alla realizzazione della terracotta policroma dipinta a olio “Cieca orfanella abruzzese”, terminata poi a Firenze, una delle più importanti opere dell’artista.

È probabile che conoscesse il lavoro del suo collega fiorentino Grita intitolato La cieca leggitrice, un gesso portato a compimento dieci anni prima ed in seguito tradotto in marmo (1870; Roma, Centro regionale S. Alessio-Margherita di Savoia, sede di S. Alessio).

Se il tema era stato comunque già trattato da Pagliaccetti nella terracotta intitolata L’orfana abruzzese presentata alla Promotrice fiorentina del 1870, questa nuova opera si dimostrò particolarmente significativa nella capacità di coniugare i moduli compositivi della scultura quattrocentesca toscana con un notevole realismo esaltato dal prezioso ed essenziale cromatismo bitonale.

Nel 1883 fu nominato professore di scultura all’Accademia di Firenze.

Intorno alla metà degli anni Ottanta scolpì la statua di S. Andrea realizzata per la facciata di S. Maria del Fiore a Firenze.

Nel 1886 realizzò il modello in gesso per la statua in bronzo di dimensioni colossali di Vittorio Emanuele II, fusa nel 1889 e collocata al centro della piazza principale di Giulianova.

Il modello esposto nello studio dell’artista, aveva suscitato giudizi positivi, riportati nelle cronache del tempo, nei quali si esprimeva vivo apprezzamento per l’immagine del re, rappresentato nel momento del suo arrivo a Giulianova, in atto di salutare il popolo acclamante.

Non mancarono, invece, le critiche, espresse sui giornali e da Pagliaccetti stesso, riguardanti la realizzazione del piedistallo che, per necessità economiche, non aveva rispettato nelle proporzioni la volontà dell’artista ma, molto più basso del previsto, privava di slancio l’opera.

L’amarezza dello scultore fu tale da fargli più volte esprimere l’intenzione di distruggere la statua.

Nel 1890 sposò la fiorentina Maria Niccoli; da questo matrimonio non nacquero dei figli.

Nel 1897 fece ritorno a Giulianova.

Le ultime opere, caratterizzate dalla consueta attenzione alla fisionomia e al carattere dei personaggi, sono il busto in marmo di Maria Trifoni (1899; ora a Giulianova, villa Ascolani) e quello del padre Andrea Pagliaccetti (Giulianova, Collezione Adamoli; il gesso si conserva nella Pinacoteca civica di Teramo), entrambi destinati alle cappelle delle rispettive famiglie nel cimitero di Giulianova.

Alcuni disegni a inchiostro dell’artista si conservano presso la Pinacoteca civica di Teramo.

Morì a Giulianova il 10 maggio 1900.

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