Chiagni e fotti, l’atteggiamento italiano verso ILVA

di Davide Pietrangelo

 

Quando vidi il governo Conte vantarsi di aver disinnescato le clausole IVA, da esso stesso innescate l’anno prima, pensavo di aver visto il massimo. Mi sono dovuto ricredere, ho visto il governo Conte vantarsi di aver forse trovato una soluzione a un problema creato dallo stesso: la fuga di Arcelor Mittal (AM) dallo stabilimento di Taranto.

Nel momento in cui scrivo, 23/11/19, i lavoratori dello stabilimento risultano diffidenti e sfiduciati, i lavoratori dell’indotto stanno protestando e il Governo si dichiara pronto a negoziare con AM. Palazzo Chigi preparandosi a una lunga trattativa, offre una tregua giudiziaria, coinvolgimento del denaro pubblico e ammortizzatori sociali purché si mantengano livelli di produzione e occupazionali almeno parziali.

Prima dell’incidente con AM lo Stato avrebbe dovuto dare solo immunità penale per i reati ambientali (subordinata agli adeguamenti), non utilizzare denaro pubblico con garanzie per tutti i dipendenti.

Ricapitolando: il Governo ha tolto lo scudo penale ad AM offrendo su un piatto d’argento la possibilità giuridica di sfilarsi dagli impegni. Lo ha fatto in un momento nero per l’acciaio mondiale. Se ne è pentito. Ora rioffre ad AM lo stesso scudo penale aggiungendo del denaro pubblico, per avere in cambio solo parte degli impegni che AM aveva per contratto.

Sarebbe stato tragicomico se questo incidente fosse avvenuto per errore. È tragico perché è avvenuto deliberatamente.

La rimozione dello scudo penale, casus belli che ha fatto annunciare il recesso, è avvenuta per una mozione della senatrice pentastellata, ex-ministro, Barbara Lezzi, leccese che attualmente capeggia una fronda di ribelli nel M5S.

Una che da neoeletta annunciò di voler assumere un portaborse per merito, raccolse 20 mila curriculum, e poi scelse la figlia del compagno. Una che postò il suo voto alle elezioni del Presidente della Repubblica. Una che propose un Decreto per tagliare i parlamentari ignorando che fosse necessaria una riforma costituzionale. Una che sostenne che il PIL di giugno 2017 fosse cresciuto per via del caldo e dei condizionatori. Una che promise di combattere il TAP. Ma soprattutto una che promise di fare chiudere l’ILVA, e che proprio a tale scopo ha proposto e ottenuto la rimozione dello scudo penale. Senza di esso gli altiforni dell’ex-ILVA, ancora da adeguare, sono sostanzialmente inutilizzabili senza andare in galera. Togliendolo, si costringe la fabbrica a non produrre e quindi a chiudere.

Il Movimento l’ha assecondata per evitare fratture nel partito. PD, LeU e Italia Viva hanno assecondato a loro volta il Movimento per evitare fratture nel governo.

Ora supplicano la multinazionale, chiedono meno di quello che avevamo prima e offrono più di quanto offrivamo prima. Se finirà male metteremo una pietra tombale sulla più grande acciaieria d’Europa. Se finirà bene avremo una acciaieria più modesta di prima e legata al denaro pubblico.

In tutti e due i casi rimedieremo una figuraccia mondiale.

Uno scempio politico.

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