L’OLTRAGGIO DI VIALE EUROPA-VIA DANIMARCA. PARLIAMONE

L’OLTRAGGIO DI VIALE EUROPA-VIA DANIMARCA. PARLIAMONE

 di architetto Giuseppe Di Giampietro

  1. Ha fatto scalpore, il 2 luglio scorso, l’imbrattamento con escrementi sparati sulla facciata di una palazzina di viale Europa – via Danimarca, accompagnato da scritte ingiuriose contro il Comune e i “palazzinari”. Senza ombra di dubbio, nessuna giustificazione o pretesto rende ammissibile una tale azione violenta e oltraggiosa, inaccettabile sotto ogni punto di vista, né come forma di protesta né come denuncia di problemi. Ma poiché più di una persona si è domandata il perché del gesto e di quelle scritte, che dichiaravano esplicitamente i bersagli dell’azione violenta e ingiuriosa (il Comune e i palazzinari), e poiché qualcun altro si è affrettato a dire che quella palazzina di 8 piani, appena costruita in sostituzione di una villetta di 2 piani, era perfettamente in regola con le norme urbanistiche comunali, qualche informazione in più va data. Non tanto sul gesto, ma sulla vicenda urbanistica della palazzina, emblematica di come si stia trasformando la città negli ultimi tempi, e su quelle regole che sarebbero a posto e che consentirebbero di realizzare interventi di trasformazione edilizia dell’esistente come quello di viale Europa, ma che molti sentono come inadeguati e violenti nel confronti del territorio e delle proprietà adiacenti, e forse anche essi stessi oltraggiosi.

 

  1. Va subito detto che sulla vicenda della palazzina di viale Europa – via Danimarca esiste pendente un giudizio di fronte al TAR, Tribunale Amministrativo Regionale, per un ricorso che ha messo in dubbio la legittimità di quelle norme che sarebbero alla base di quel permesso di costruire, e di molti altri interventi edilizi che negli ultimi tempi si sono concentrati sulla trasformazione della città esistente. Diverse norme dell’attuale Piano Regolatore, e di altri regolamenti edilizi locali, sono ritenute dai ricorrenti illegittime perché in contrasto con norme nazionali inderogabili e con prescrizioni e indicazioni contenute nelle stesse norme tecniche locali, contraddette da altri articoli delle stesse norme o da altri regolamenti locali. Con il risultato che solo pochi sacerdoti locali, progettisti, tecnici ed esperti dello “ius montesilvanense” sanno scovare le norme giuste per realizzare interventi edilizi miracolosi, che moltiplicano le cubature preesistenti e le dimensioni degli edifici sugli stessi mini lotti della città giardino a mare. È così che si vedono spuntare qua e là, tra le case esistenti, dei mostri fuori scala, di 7-8 piani tra villette di 2-3 piani, sugli stessi mini lotti con strade di 4-5 m, senza marciapiedi, senza alberi, senza parcheggi, senza servizi pubblici locali, o “standard urbanistici”, come si dice in linguaggio tecnico (ossia verde, parcheggi, aree per scuole, piazze e servizi pubblici locali). C’è qualcosa di insano in questa edilizia e in quell’urbanistica montesilvanese che produce edifici privati, moderni e confortevoli, ma inseriti in un tessuto urbano degradato e privo di qualità. Con interventi nuovi che degradano il valore degli edifici preesistenti, e che oltretutto, dopo l’enorme crescita edilizia e di abitanti del passato, ora non si vendono più, e la città ha cominciato a perdere popolazione. Si è fermato il motore sovralimentato dell’edilizia locale, e la città si interroga se tutto questo può continuare o bisogna correggere qualcosa.

 

  1. In particolare, sono 8 i motivi di illegittimità contestati nel ricorso contro il permesso di costruire della palazzina di viale Europa – via Danimarca (gli stessi contestabili in molti altri interventi edilizi in zona B di completamento):
  2. a) altezza di progetto al di sopra del limite consentito per la zona B dal D.M. 1444/1968;
    b) mancanza di marciapiede per il nuovo edificio su due fronti stradali;
    c) distanza dalle strade insufficiente o inesistente, con recinti a filo strada;
    d) illogicità dell’allineamento prevalente, indicato nel regolamento edilizio comunale ma non nel piano regolatore generale vigente;
    e) eccesso di densità fondiaria;
    f) inaccettabilità del parcheggio privato ad accesso diretto dalla strada pubblica;
    g) mancato rispetto degli standard urbanistici minimi inderogabili;
  3. h) sottotetti abitabili e altri locali accessori non computati nel dimensionamento dell’edificio (per altezza, volumi, distanze, standard urbanistici).

Non si tratta di cavilli tecnici, ma si tratta di riflettere sulle regole e sui modi dell’edilizia, eliminando quella strana interpretazione di regole che permettono, in questo Comune, un esagerato arricchimento degli operatori edilizi privati, fatto con il danneggiamento delle proprietà immobiliari adiacenti, e forti costi per la comunità per recuperare quegli standard urbanistici che non sono stati previsti in quegli interventi.

 

  1. Il problema è particolarmente grave nel completamento delle zone già edificate (le cosiddette Zone B). Se si sostituisce una villetta di uno o due piani con un’altra villetta, più moderna ed efficiente, o si completa un lotto libero con una nuova casa della stessa tipologia di quelle esistenti, non ci sono particolari norme urbanistiche da imporre o cessioni di aree private per servizi pubblici. Si completerà il tessuto edilizio esistente con un edificio allineato e dello stesso tipo di quelli preesistenti.

Diverso è il caso della demolizione del villino di un’anziana maestra nella città giardino, acquistato dall’operatore immobiliare pensando di costruire al suo posto una nuova palazzina di 8 piani, che pretende di allinearsi alle villette preesistenti (senza il rispetto delle distanze dalla strada), di alzarsi fino al massimo consentito nel quadrante urbanistico (invece che all’altezza massima degli edifici preesistenti e circostanti) e di non lasciare nemmeno un mq di standard urbanistico. Nemmeno la metà dei 24 mq per abitante, obbligatori per verde, parcheggi, servizi per i nuovi abitanti insediati, liquidati invece con ridicole monetizzazioni che non garantiscono tali standard né sul lotto né nelle aree libere vicine, a distanza pedonale dall’intervento. (Mentre questi standard pubblici sarebbero potuti essere anche dei locali nel nuovo edificio, ceduti per realizzare servizi pubblici equivalenti, o posti macchina nel parcheggio privato da aggiungere alla dotazione pubblica. Nelle adiacenze di quell’edificio le monetizzazioni sarebbero potute servire per recuperare e qualificare un pezzo del vicino “cavatone”, come percorso ciclopedonale a mare, con idonea pavimentazione, illuminazione, arredi e contestuale investimento delle monetizzazioni nella

realizzazione dei servizi).

  1. Insomma, vanno garantite tutte le agevolazioni per chi ristruttura per Ma se vuoi fare palazzine di 7-8 o più piani in una zona di casette di 1-3 piani, ossia cambiare tipologia edilizia e riversare un notevole impatto urbanistico con il nuovo intervento, devi rispettare tutti gli standard della 1444/68. Compra più casette e proprietà, demolisci e ricostruisci edilizia nuova con nuove caratteristiche, rispettando gli standard di legge. Comunque, sempre all’interno di un piano attuativo che garantisca il vantaggio per la collettività e non solo i facili guadagni di chi compra 1 per fare 8, ma senza farsi carico degli oneri connessi. Tra l’altro quelle 8 proprietà non si venderebbero in una città tanto dequalificata da non possedere i minimi requisiti urbanistici della 1444/68.

 

  1. Non si tratta di appellarsi alla buona volontà o all’illuminismo degli imprenditori edili. Si tratta di rendere chiare le regole dell’edilizia e trasparenti, pubbliche e partecipate le aspettative urbanistiche di trasformazione della città. Va compreso come, negli interventi edilizi, l’intervento privato debba contribuire alla qualificazione dello spazio pubblico circostante, sia come obbligo di legge, prescritto come “oneri di urbanizzazione”, sia come garanzia di qualità e valore (e quindi anche di vendibilità) di quella stessa edilizia in quel contesto urbano. Se questo è finalmente chiaro negli interventi di espansione urbana (in zona C) in cui si cede circa la metà del lotto per parcheggi, verdee servizi pubblici deve diventare chiaro che in zona di completamento o trasformazione dell’esistente (Zona B) l’intervento privato ha anche l’obbligo di contribuire alla qualificazione dell’intorno urbano. E che tale impegno sarà tanto più importante quanto maggiori saranno i cambiamenti tipologici, dimensionali e funzionali indotti dall’intervento sul tessuto esistente. E questo impegno alla qualificazione pubblica tramite l’intervento privato sarà la garanzia di un aumento di valore degli immobili dell’area e quindi del successo economico dell’operazione.

 

  1. Infine, un cenno va fatto al processo di formazione del Nuovo Piano Regolatore, di cui si parla in questi giorni, anticipando favolose scelte, elaborate non si sa da chi. Proprio perché non si può continuare con l’edilizia delle furberie, che oggi non paga più; proprio perché occorrerà pensare all’urbanistica nuova e al nuovo ruolo della città nella grande area metropolitana del medio Adriatico; proprio perché occorre riscrivere le regole della riqualificazione della città esistente, in particolare su temi quali strade, marciapiedi, itinerari pedonali e ciclabili, recinti e parcheggi, viali alberati e verde urbano, dotazioni ambientali ed energetiche degli edifici, spazi e servizi pubblici urbani si impone prima di tutto una riflessione sulla città attuale, i suoi problemi, le sue carenze, le sue aspettative. Occorrerà un dibattito il più ampio trasparente e partecipato possibile, su come la città è cambiata e come vogliamo che cambi in futuro, con la partecipazione di stakeholders (detentori di interessi), shareholders (utenti urbani o azionisti) e cittadini (coloro che abitano e risiedono nella città). Dalla conoscenza, discussione e valutazione pubblica (non dalla concertazione della politica con i singoli attori) deriveranno l’individuazione delle alternative disponibili, la discussione sulla valenza e l’impatto di ogni alternativa, e infine la scelta, operata in maniera trasparente, ragionata e responsabile da parte dei decisori eletti. Sono diversi i piani che la città si deve dare (in particolare: PUMS, piano urbano per la mobilità sostenibile di area vasta, insieme a PUT piano urbano del traffico e regolamento viario, Piano del Verde, viali, parchi, corridoi ecologici, Nuovo PRG, piano regolatore generale, PP1 piano particolareggiato n. 1 della zona Alberghi-Saline-mare). Tanti sono i temi, e importanti e interconnesse le scelte da operare. Per questo occorrerà un’urbanistica pubblica, trasparente e partecipata, come occasione per leggere e riflettere sul volto attuale e ridiscutere il futuro della città. La nuova Amministrazione comunale deve farsi carico della responsabilità di avviare questo processo di Piano. Noi e tutta la città vogliamo partecipare alla formazione di queste scelte.

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