I diritti dei lavoratori disabili (terza parte)

Vi presentiamo l’ultima delle tre parti dell’articolo che descrive gli strumenti a disposizione dei lavoratori disabili per coniugare le loro possibilità con le necessità dell’organizzazione nella quale sono impiegati.

di Damocle Garzarelli (Consulente del Lavoro) –  Giugno 2019

 

Ancora oggi molti ostacoli impediscono ai soggetti con disabilità di fruire dei propri diritti e libertà personali e quindi di una piena partecipazione alla vita sociale, a tal punto da ammettere che molte sono state le azioni intraprese dal Legislatore italiano, volte a cercare di realizzare una piena integrazione di tali soggetti. Fra queste azioni troviamo una serie di norme che riconoscono diversi diritti ai portatori di handicap che lavorano. Di seguito si analizzano le principali tipologie di diritti.

Lavoro svolto dalle ore 22:00 alle ore 06:00

Per il lavoro svolto in questa fascia oraria spesso i lavoratori divenuti disabili, o le cui condizioni di salute subiscano peggioramenti, diventano inidonei a svolgere lavoro notturno. Ai sensi dell’articolo 15, D. Lgs. 66/2003, qualora sopraggiungano condizioni di salute che comportino l’inidoneità alla prestazione di lavoro notturno, accertata dal medico competente o dalle strutture sanitarie pubbliche, il lavoratore deve essere assegnato al lavoro diurno, in altre mansioni equivalenti, se esistenti e disponibili. Spetta alla contrattazione collettiva definire le modalità di applicazione della succitata disposizione e individuare le soluzioni nel caso in cui l’assegnazione al lavoro diurno non risulti applicabile. Successivamente, è attuabile l’esenzione dalla reperibilità in caso di malattia. A seguito di espressa previsione dell’articolo 25, D. Lgs. 151/2015, è stata prevista una specifica disciplina finalizzata a stabilire le esenzioni dalla reperibilità per i lavoratori subordinati dipendenti dai datori di lavoro privati. Il decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero della Salute, dell’11 gennaio 2016, esclude dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità – previste per il settore privato dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 19 – i lavoratori subordinati la cui assenza sia connessa con:

  • patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione della struttura sanitaria; gestione del rapporto di lavoro, circolare di lavoro e previdenza n. 11 del 14 marzo 2019;
  • stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta, in misura pari o superiore al 67%.

Con circolare n. 95/2016, l’Inps ha evidenziato che i lavoratori interessati dal decreto in questione sono quelli con contratto di lavoro subordinato appartenenti al settore privato, rimanendo esclusi, pertanto, i lavoratori iscritti alla Gestione separata. Si rappresenta tuttavia che, anche se è venuto meno nei succitati casi l’onere della reperibilità alla visita medica di controllo posto a carico del lavoratore nell’ambito delle fasce orarie stabilite dalla legge, rimane confermata la possibilità per l’Istituto di effettuare comunque controlli sulla correttezza formale e sostanziale della certificazione, e sulla congruità prognostica ivi espressa. Inoltre, sempre la citata circolare ha evidenziato che i datori di lavoro, nell’ambito dei controlli medico legali richiesti all’Istituto nei confronti dei lavoratori dipendenti assenti per malattia, sono tenuti a escludere gli attestati telematici che riportino valorizzati i campi riferiti a “terapie salvavita” e “invalidità”, ma possono sempre segnalare, mediante il canale di posta PEC istituzionale, alla struttura Inps territorialmente competente, possibili eventi riferiti a fattispecie per le quali i lavoratori risultino esentati dalla reperibilità, per i quali ravvisino la necessità di effettuare una verifica. Il centro medico legale dell’Inps valuterà l’opportunità o meno di esercitare l’azione di controllo, dandone conseguente notizia al datore di lavoro segnalante.

Trasformazione del rapporto di lavoro

In questo caso il T.U. dei contratti (D. Lgs. 81/2015), all’articolo 8, comma 3, riconosce il diritto – ai lavoratori affetti da patologie oncologiche, nonché da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso Asl territorialmente competente – alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale. A richiesta del lavoratore, il rapporto di lavoro a tempo parziale va trasformato nuovamente in rapporto di lavoro a tempo pieno.

Anzianità contributiva

A tali fini la Legge Finanziaria 2001 ha previsto che i lavoratori sordomuti di cui all’articolo 1, L. 381/1970, e gli invalidi per qualsiasi causa, ai quali sia stata riconosciuta un’invalidità superiore al 74%, hanno diritto al riconoscimento, a loro richiesta, per ogni anno di servizio effettivamente svolto, del beneficio di 2 mesi di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell’anzianità contributiva. Il beneficio è riconosciuto dall’anno 2002 fino a un massimo di 5 anni di contribuzione figurativa utile ai fini della maturazione degli anni di servizio per il diritto alla pensione, dell’anzianità contributiva e dell‘importo della pensione. L’Inps, con circolare n. 92/2002, ha chiarito che il diritto in questione è riconosciuto limitatamente agli anni di servizio effettivamente svolti nel periodo successivo al riconoscimento dello stato di invalidità nella misura di legge. Alcuni CCNL prevedono che, in caso di patologie oncologiche o patologie gravi che richiedono terapie salvavita, i giorni di ricovero ospedaliero o di trattamento in day hospital e i giorni di assenza per sottoporsi alle cure siano esclusi dal comporto e interamente retribuiti. Alcuni CCNL escludono dal calcolo del periodo di comporto anche i giorni di assenza dovuti agli effetti collaterali delle terapie salvavita.

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