Palma Crea Cappuccilli: Il tuo inno intatto

L’angolo della poesia

a cura di Gennaro Passerini

Nell’edizione di luglio vi riproporrò la poesia di Palma Crea Cappuccilli tratta dalla nuova raccolta 2018 “Il tuo inno intatto” (Poema per Kaia) casa editrice Ipersegno, da pochi giorni pubblicata. Nuove e profonde emozioni della sua lirica vi coinvolgeranno, sono sicuro che apprezzerete la mia proposta mensile arricchita dalla preziosa recensione del prof. Raffaele Simoncini. Palma Crea Cappuccilli, laureata in Lettere classiche, ha insegnato Latino e greco nei licei di Pescara, Atri e Sulmona dove attualmente risiede. Si dedica a tempo pieno ad attività culturali di vario genere, teatro, letteratura, conferenze, scrive saggi, copioni teatrali, recensioni e soprattutto poesie, con le quali ha partecipato a vari concorsi, ricevendo premi e riconoscimenti di merito. Ha già pubblicato nel 2014 la prima silloge poetica dal titolo “Ho questo maledetto vizio erratico”, nel 2016 la seconda silloge poetica dal titolo “Conus Magus”.

Il vento di un altro giorno

Ho ancora in mano
una eredità da spendere.
Stimola la sete dell’eterno
dimestichezza col mortale
e ciò che sulla sabbia degli anni
si cancella
lo riscrive il vento
di un altro giorno.
Perché in fondo
per risorgere all’alba
moriamo ogni sera
mentre
sospensioni in disegno
stimolano il risveglio.

Un giorno dopo l’altro, nell’inflessibile procedere del tempo, va dipanandosi la storia di una vita, della vita così come la si sperimenta. Una necessità ineluttabile, tuttavia, si trasforma umanamente in un altro giorno che torna al risorgere dell’alba. Nel ripetersi degli eventi cosmici, che ci vedono meri spettatori, va costituendosi l’esistenza di ciascun essere umano, in minima parte riconducibile alla volontà della singola persona, in gran parte esito di fortuiti e occasionali fatti ed eventi, su cui il libero arbitrio poco o nulla può contribuire a modificare. Il disegno deterministico non impedisce – come ci chiarisce la poetessa – che la metafora della foscoliana fatal quiete, ovvero la sera, con il suo tramonto, possa di nuovo essere vita pregnante, al ricomparire della luce. E ciò che è stato cancellato dall’oscurità, torna ad essere riscritto dal vento di un altro giorno. Dunque, quello che dovrebbe essere l’approdo naturale, logico e razionale del fluire del tempo – procedere verso un telos inderogabile – viene per così dire negato o ignorato da una vis diuturna, che riprende, incessante, a vivere e a riscrivere, sulla sabbia degli anni, parole che cantano la sete dell’eterno. In fondo, nella immane grandezza e miseria della condizione umana, ognuno può donare a sé e agli altri una eredità da spendere, e poco importa che a tratteggiare sospensioni in disegno sia un bambino o chi, invece, nel corso degli anni, ha maturato una lunga dimestichezza col mortale. La vita non richiede molto altro, se non sogni ad occhi aperti, in grado di stimolare il risveglio. E non è poca cosa, anzi.

Raffaele Simoncini

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