Distopia portami via! (Part One) di Mika

Distopia portami via! (Part One)

di Mika

FAHRENHEIT 451 (UK -1966) Regia di François Truffaut, con Oskar Werner, Julie Christie, Cyril Cusack, Anton Diffring. Note: tratto dall’omonimo romanzo fantascientifico-distopico di Ray Bradbury.

Vivere è ormai diventata una questione unicamente di intrattenimento, da riempire con vuoti e futili contenuti il vuoto dell’esistenza, dominata dalla supremazia di media e TV onnipresenti, onniscienti e programmati per annichilire le attività cerebrali della razza umana e schiavizzare i consumatori. In questo mondo detenere, leggere o conoscere un libro è illegale. In questo mondo esiste una specializzata schiera di pompieri che appiccano roghi con il lanciafiamme per distruggere i classici della letteratura e quel poco che ne rimane su carta, carta che brucia a 451°F.  In contrapposizione a ciò esiste un piccolo gruppo di uomini liberi –gli “uomini-libro”- che vivono ai margini, nascosti nella foresta, e imparano a memoria i testi per conservarli e tramandarli.  Il messaggio è chiaro. Arginando la lettura e la cultura si arginano le forze che muovono il mondo: il pensiero e la capacità critica. Perché –citando Lucio Dalla- “Il pensiero dà fastidio…il pensiero come l’oceano non lo puoi bloccare non lo puoi recintare”, il pensiero fa paura ed è scomodo per chi ci vuole manipolare e comandare come sudditi. Dell’immaginario di Bradbury che racconta nei particolari di una società disumanizzata, in cui la felicità è condensata in un pugno di pillole, resta cinematograficamente poco nel film: Truffaut predilige, amplifica ed estetizza i momenti salienti del romanzo nei roghi dei libri, rappresentando in questo modo il disfacimento dell’umanità. Resta comunque una pellicola che colpisce l’immaginario con questa singolare visione del futuro in cui il libro apre le porte della mente e diventa strumento sovversivo per la ribellione e la resistenza al potere. Per stare al gioco e uniformarsi al mondo di Bradbury – dove non esistono testi scritti a eccezione della manualistica- anche i titoli di testa del film vengono sostituiti con una sorta di annunci pubblicitari che rimbalzano nell’etere da un’antenna all’altra.

 

EMBER- IL MISTERO DELLA CITTÀ DI LUCE (USA-2008) Regia di Gil Kenan, con  Saoirse Ronan, Harry Treadaway, Bill Murray, MackenzieCrook, Tim Robbins. Note: tratto dal romanzo per ragazzi La città di Ember della scrittrice Jeanne DuPrau.

Un indefinito evento ha costretto il genere umano a rifugiarsi sottoterra. I migliori architetti, ingegneri e scienzati- i Costruttori- fondano e realizzano la città di Ember, dove la luce artificiale è alimentata da una centrale idroelettrica, facendo rifugiare la popolazione nel sottosuolo finché dureranno le scorte e gli apparati progettati. L’autonomia però per la popolazione, che teme ormai di dover vivere per sempre nell’oscurità,  sta per scadere: pericolosi blackout si fanno sempre più frequenti.

Nel buio in cui rischia di sprofondare l’umanità, metafora di una società incapace di aprire gli occhi, sedata e istupidita, la speranza è riposta nella curiosità di Lina e Doon , due ragazzi decisi a rivedere il cielo a tutti i costi e a salvare i concittadini. Ribellandosi alle regole e seguendo, in una sorta di caccia al tesoro, le preziosissime istruzioni dei Costruttori, cercano ostinatamente la via d’uscita per la rinascita collettiva e salvare gli abitanti di Ember dal buio intellettuale. Il film di Gil Kenan – una fiaba per tutte le età- suggerisce che la forza per questa umana ricerca è tratta dalle relazioni, cadute in disuso o temute. L’universo di Ember è fantastico e realistico al tempo stesso con particolareggiate scenografie decadenti che ricalcano e ricordano le ambientazioni steampunk delle animazioni di Miyazaki.

 

SNOWPIERCER (KOR, USA, FRA -2013) Regia di Bong Joon-ho, con Chris Evans, Song Kang-ho, Go Ah-sung, John Hurt, Ed Harris, Jamie Bell, Octavia Spencer, Tilda Swinton. Note: basato sulla serie a fumetti francese Le Transperceneige di fantascienza post apocalittica.

Una storia di sopravvivenza. Sopravvivere agli errori commessi dall’uomo, alle lotte di classe, alle privazioni, alle bugie e ai soprusi dei comandanti. Sul treno Snowpiercer che- grazie al moto perpetuo- solca incessantemente la terra devastata dalla glaciazione indotta da un esperimento umano non andato a buon fine, è racchiuso ciò che è rimasto del mondo e degli esseri viventi dopo l’estinzione di massa. Fuori dal treno solo ghiaccio, morte e desolazione. La vita sul treno è fatta di scontri e contrasti, in un microcosmo rigidamente classista, in cui la terza classe vive reclusa negli ultimi vagoni, senza acqua e senza speranza, dove i poveri si fanno guerra tra di loro, mentre una milizia speciale è incaricata di mantenere l’ordine sociale e i ricchi sguazzano allegramente nei piaceri e lussi più inutili. È al tempo stesso metafora e specchio critico del capitalismo, della cultura e dello stile di vita occidentali. Il ritmo del film scorre inarrestabile per due ore, come lo Snowpiercer, e mette davanti allo spettatore un viaggio dove ogni carrozza rappresenta una sfaccettatura del mondo che conosciamo, immergendolo in uno scenario visivamente potente e suggestivo, costellato di personaggi dal look fumettistico, in questo stralcio di mondo post-apocalittico grottesco, evocativo e pittorico. Tra atmosfere claustrofobiche, degradate e ipertecnologiche c’è spazio per una riflessione a più livelli sulla natura dell’uomo e i suoi lati oscuri, lasciando lo spettatore in bilico tra lo smarrimento totale e una fievole speranza.

 

EQUALS (USA-2015) Regia di Drake Doremus, soggetto e sceneggiatura di Nathan Parker, con Nicholas Hoult, Kristen Stewart, Guy Pearce, Jacki Weaver e Bel Powley.

“Come sarà l’amore in futuro?” Dall’interrogativo del regista Doremus prende il via il percorso di Equals verso il grande schermo. Nel futuro non specificato del film vive una popolazione emotivamente atarassica, privata geneticamente delle emozioni al fine di proteggere la società dalla guerra e dall’instabilità generata dai desideri e dalle passioni, notoriamente causa della distruzione delle generazioni precedenti. Chi viene turbato dal riemergere dei sentimenti è malato, malato di SOS (Switched-On Syndrom) e viene sottoposto a pesanti cure farmacologiche nel tentativo di fermare la malattia prima che si manifesti nel suo stadio più grave: ciò comporterebbe l’internamento in un centro correzionale -il Den- dal quale nessuno è mai tornato. Nia e Silas -i due protagonisti interpretati da Stewart e Hoult- cercano in ogni modo di nascondere la loro malattia e l’impossibile nascita della loro relazione, agli occhi dei colleghi delatori, ma più avanza lo stadio della SOS più aumenta l’attrazione tra i due, che non riescono a fare a meno l’uno dell’altro. Supportati da un gruppo di dissimulatori affetti da SOS riusciranno a fuggire e trovare la loro dimensione o saranno scoperti e avviati alla drastica terapia del Den??? La passione, l’attrazione e il risvegliarsi delle emozioni sono sottolineati dall’attenzione del regista che indugia con primi piani sui dettagli: i visi, lo sfiorarsi, i sospiri, gli sguardi, mentre la vita attorno ai due amanti va avanti rigorosa e imperturbabile.

In questo scorcio immaginario, ma allo stesso tempo realistico e credibile, iperfunzionale e iperproduttivo, l’aspetto, le ambientazioni e il sapore futuristico del film dove tutto è asciutto, minimale, composto e inondato di luce, sono importanti tanto quanto la storia ed i personaggi. Per questo la produzione, piuttosto che ricorrere a un massiccio lavoro di post produzione, ha costruito il mondo di Equals sfruttando visionarie architetture contemporanee e scegliendo varie location tra Singapore e Giappone, filmate in meravigliose architetture esistenti come il Sayamaike Museum di Tadao Ando a Osaka, il centro congressi di Awaji coi suoi giardini pensili, Henderson Waves e il Botanic Garden a Singapore.

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