VORREI LA PACE NEL MONDO di Mika

VORREI LA PACE NEL MONDO di Mika.

Già con l’elezione di Trump le lancette dell’orologio dell’Apocalisse si sono spostate di un altro minuto verso la mezzanotte, che segna simbolicamente la fine. Da quando poi, praticamente ogni giorno, ci si alza dal letto che Kim, dalla Korea del Nord, ne ha “sparata” un’altra delle sue, la vita sul pianeta trascorre ballando sul mondo, inconsapevolmente attendendo che qualcuno ci comunichi a che ora sarà la fine del mondo.

Beccatevi ‘sta carrellata di film a tema…inevitabile olocausto nucleare!

 

IL DOTTOR STRANAMORE, OVVERO: COME IMPARAI A NON PREOCCUPARMI E AD AMARE LA BOMBA (GBR- 1964) scritto diretto e prodotto da Stanley Kubrick. Con Peter Sellers, George C. Scott, Sterling Hayden, Keenan Wynn, Slim Pickens.

Un capolavoro di satira politica e sociale, che si scaglia diretta anche sugli atteggiamenti del quotidiano umano. Una commedia grottesca, lucida, divertente, pessimista e incredibilmente realistica. Il realismo del campionario umano di Kubrick -personaggi che dovrebbero essere innocue macchiette da film- è sconcertante: a un piccolo gruppo di uomini inconsapevolmente stolti e in preda alle più svariate psicosi sono affidate le sorti del mondo. “Pare sia scoppiata la guerra” – “Oh, cacchio!!!” Il disastro atomico è alle porte ed è inevitabile perché l’ordigno russo “Fine del Mondo” si attiva automaticamente in caso di attacco ma non è in alcun modo disinnescabile…ed è proprio quest’ultima caratteristica che, rendendolo terribilmente temibile, dovrebbe solleticare il terrore e la paura al fine di fungere da deterrente ad un attacco. Il film si snoda in una struttura narrativa logica, lineare e ben progettata : inizia con una singolare sequenza in cui due aerei militari eseguono il rifornimento in volo quasi “accoppiandosi” nell’aria, continua con una serrata serie di “scenette” l’una consequenziale all’altra intrise di dialoghi pungenti e situazioni comiche – in cui si introducono mano a mano i vari personaggi del film- che portano con un climax narrativo alla sequenza conclusiva: una danza di esplosioni nucleari sulle note di “We will meet again”. Memorabili le interpretazioni di Peter Sellers che mette tutta la sua energia interpretativa in ben tre personaggi: il generale Mandrake, Il Presidente degli USA ed il sinistro dr. Stranamore.

 

 

 

WARGAMES – GIOCHI DI GUERRA (USA-1983) –  Regia di John Badham con Matthew Broderick, Dabney Coleman, John Wood, Ally Sheedy, Barry Corbin

Questo film è un piccolo cult per chi è stato ragazzino negli anni ’80. Vedi, caro David Lightman – interpretato da Matthew Broderick –  che a fare il NERD negli anni Ottanta ci vuole poco a scatenare una “guerra termonucleare globale”, hackerando il WOPR, cervellone centrale del NORAD, il cuore della difesa aerospaziale americana, sfidandolo a ciò che per lui è ben più di un gioco. E in un attimo ti ritrovi l’FBI alle calcagna che ti crede una spia che lavora per i sovietici… .Ritmo, tensione e coinvolgimento tengono su la storia e l’attenzione, ma negli anni Ottanta ciò che più colpì le giovani generazioni fu di sicuro l’utilizzo nel film dei pc e dei videogiochi. Emerge come messaggio una forte critica verso l’inaffidabilità delle macchine, dei computer e delle intelligenze artificiali, insostituibili all’uomo per compiti e funzioni in cui solo l’umano equilibrio tra ragione e sentimento può trovare la giusta via di operare. Chissà se a distanza di più di trent’anni dall’uscita di War Games conserviamo ancora questa posizione o se dalla dipendenza da tecnologia ormai siamo assuefatti e soddisfatti?!

 

 

 

 

THIRTEEN DAYS (USA – 2000) Regia di Roger Donaldson. Con Kevin Costner, Bruce Greenwood, Steven Culp, Dylan Baker, Henry Strozier

Sono stati tredici giorni di fiato sospeso per l’intero mondo, non solo per l’America. Nell’ottobre del 1962 il rischio di un’imminente escalation verso un conflitto nucleare tra USA e URSS si fece davvero tangibile: il 16 ottobre il consulente nazionale per la sicurezza presentò a J.F. Kennedy, allora presidente, una serie di foto scattate da alcuni aerei spia U-2 che mostravano come i sovietici avessero installato una base missilistica sull’isola di Cuba. La regia di Donaldson propone la vicenda storica narrandola dall’interno della stanza ovale della Casa Bianca, ponendo l’accento sulle tensioni, le dinamiche e i pensieri dei tre protagonisti del film e della vicenda: J.F. Kennedy, suo fratello Bob, allora Procuratore Generale, e Kenneth O’Donnell,- interpretato da Kevin Kostner-  Segretario Particolare del Presidente.

Il potere, nelle mani delle persone giuste consapevoli di segnare con le proprie azioni non solo il proprio paese ma anche il resto del mondo, può concedere spazio a una ragionata mediazione tra forza, diplomazia e compromesso. Il regista ci consegna una visione ottimista e retorica che ritiene l’umanità ancora in grado di fare e cambiare la storia. La sceneggiatura di David Self si è basata anche sulle interviste del Segretario rilasciate a Sander Vanocur, famosissimo corrispondente della NBC, che seguì gli avvenimenti della Casa Bianca dei Kennedy.

 

 

 

L’ultima spiaggia (USA del 1959) regia di Stanley Kramer, interpretato da Gregory Peck, Anthony Perkins, Fred Astaire e Ava Gardner.

Siamo nel 1964, la terza guerra mondiale, quella nucleare, ha portato alla distruzione reciproca delle potenze dell’emisfero settentrionale. Il fallout radioattivo, portato dalle correnti, sta avvelenando progressivamente tutte le terre emerse, anche nell’emisfero meridionale. Una realistica visione degli ultimi giorni di vita dell’umanità, annichilita da chi “credette di poter mantenere la pace affidando la nostra difesa ad armi il cui utilizzo sarebbe stato un suicidio”, ridotta a dipendere dall’avere una dose di veleno per sottrarsi alla morte da radiazioni, alla ricerca di una vana speranza cui aggrapparsi riposta in un segnale radiotelegrafico proveniente dal sud della California. Un messaggio duro, crudo e pessimista che mette in mostra la fine senza esprimere giudizi e lasciando lo spettatore nelle piazze deserte di Melbourne in cui campeggia la scritta “C’è ancora tempo, fratello”. Ma l’unico tempo concesso ancora è quello rimasto per morire.