Il toponimo: Cepagatti

Cepagatti

di Antonio Sciarretta

Continuando il nostro giro toponomastico attorno a Montesilvano, arriviamo in questo numero a Cepagatti. Questo nome, indubbiamente curioso, ha scatenato nel tempo numerosi tentativi di spiegazione, che però si rivelano per lo più fantasiosi, enigmistici o addirittura surrealisti. Forti delle conoscenze di toponomastica che il lettore attento avrà certamente acquisito dopo aver seguito per più di due anni questa rubrica, vediamo dunque cosa ci propone il web.

Il sito del turismo della provincia di Pescara ci informa che: “Furono […] i Longobardi che costruirono il castello per tenervi una guarnigione […] e tutti coloro che […] entravano dalla porta […] dovevano pagare un balzello altrimenti venivano attaccati, e pare che, dal grido che provenisse dalle mura “ci pagate” o dalla risposta “ci ha pagato”, derivi l’odierno nome di Cepagatti.”

Caratteristica comune delle pseudo-etimologie, siamo di fronte innanzitutto a evidenti anacronismi. Il sito ovviamente non spiega come mai i Longobardi parlassero italiano, né specifica come si chiamasse il castello prima che i vessati abitanti ne cambiassero il nome. Ma su questo ci viene in soccorso il sito di un’associazione locale, secondo il quale “ci pagate” si sarebbe trasformato dapprima in “Ciphate”. Non so da dove abbiano tratto questo nome: probabilmente avranno letto male il toponimo bizantino “Cephalia”, attestato nell’XI sec., che si riferiva però alla contrada Calcasacco.

Un’altra classica spiegazione, vagamente più dotta della precedente, la ritroviamo su Wikipedia, da dove si è propagata verso molti altri siti. Si tratta del presunto sintagma “cis pagus Teatis”, tradotto ‘villaggio al di qua di Chieti’. La traduzione è chiaramente errata; inoltre, la preposizione latina cis, oltre a richiedere l’accusativo, non ha lasciato tracce nel latino volgare che si presume parlassero i primi abitanti medievali di Cepagatti.

La stessa Wikipedia ci fornisce una etimologia alternativa: quella di “pagus captus”, ‘villaggio conquistato’, senza precisare però né da chi né quando. Di nuovo, probabilmente si ritiene di poter trasporre il vocabolo latino pagus al medioevo, quando non era più utilizzato se non nella forma aggettivale paganus ‘pagano’ (in origine ‘abitante della campagna’).

Ma l’etimologia fantasiosa più sofisticata di tutte è indubbiamente “ceppaia di Gattone”, riportata da vari siti, la quale accosta il vocabolo italiano tardo (sec. XVI) ceppaia ‘ceppo troncato’ ad un presunto personale longobardo Gatto, -onis (del quale però non ho trovato traccia nelle opere che trattano di antroponimia germanica).

Terminiamo con le frasette che ho trovato, senza spiegazione e a mo’ di suggestione, in un testo di V. Morelli del 1987: sippen-actonis, sippen-pagus, cippen-pagus; quasi un rebus con il vocabolo germanico sippen ‘famiglia’ ed il latino pagus o il personale longobardo Attone.

E’ sempre difficile risalire ai primo-proponenti di queste etimologie fantasiose. I vari siti citati si limitato a riportarle precedendole con frasi come “c’è chi sostiene…”, “secondo alcuni…”, “pare che…”, e così via. Oltre alle evidentissime difficoltà storiche, il problema comune alle etimologie fantasiose è di natura linguistica. I toponimi non sono rebus, non derivano dall’accostamento arbitrario di vocaboli. In ogni caso, un’etimologia, per essere considerata plausibile, deve rispettare le regole delle trasformazioni fonetiche. Anche ammettendo che le formule enigmistiche qui sopra abbiano una coerenza storica, se fossero vere oggi al posto di Cepagatti avremmo, rispettivamente, qualcosa come *cipagate, *cipagochiate, *pagocatto, *ceppaiagattoni, *sippenatto… Il problema è che, invece, abbiamo, coerentemente, Cepagactum nel XII sec., Cippagattum o Cepagactum nel XIV sec., Cippagatti nel XVII sec. Con l’alternanza i/e nella prima sillaba che riflette la pronuncia debole delle vocali non accentate nel dialetto e il raddoppiamento della T sempre presente nell’ultima sillaba (TT nel medioevo scritto CT).