Rubrica E-Migranti

Lalla-CappuccilliTorno dall’Olanda dopo qualche mese e, mentre l’autobus mi porta veloce verso l’Abruzzo, mi ritrovo con le mani incollate allo smartphone a fotografare in maniera vorace e quasi compulsiva ogni montagna, ogni sfumatura di verde, ogni sentierino seminascosto, come se li vedessi per la prima volta. Mi accorgo solo ora che la mia testa e i miei occhi si erano in qualche modo assuefatti ad una terra piatta, anzi in gran parte sotto il livello del mare, che l’ingegno umano ha sottratto alle acque del mare e dei fiumi chiudendole attraverso sofisticati sistemi di dighe. Ma una volta domata, l’acqua ha rappresentato il più grande alleato di questo paese con la bellezza dei suoi canali che, percorsi su battelli turistici o barche private, rendono totalmente nuova la visuale delle città. Inoltre, il clima ed i terreni umidi hanno consentito la coltivazione di una vastissima varietà di fiori, soprattutto tulipani che nel periodo primaverile colorano i campi con spettacolari patchwork. Il parco di Keukenhof, il più grande al mondo per i fiori a bulbo, è ricoperto nei mesi di aprile e maggio da sette milioni di bulbi piantati a mano in 100 diverse varietà.

“Paesi Bassi” dunque non descrive solo uno status geografico e geologico, ma è un imprinting che ha condizionato tutto il modo di vivere e di essere Nederlander. Su una terra senza grossi dislivelli, ovvio che la bicicletta sia il mezzo di trasporto più utilizzato e che, per una tacita regola non scritta, sia diventata il corrispettivo del nostro bisonte della strada: capita spesso che l’ignaro turista rischi di essere travolto da frotte di ciclisti che si prendono prepotentemente la precedenza su tutto e tutti. Gli olandesi hanno assestato la loro quotidianità su questo mezzo per spostarsi, anche percorrendo diversi chilometri di città in città, o talvolta caricandolo sul treno per andare al lavoro, incuranti del meteo: coperti da mantelline impermeabili nei frequenti giorni di pioggia, e pronti a sfidare con impressionante stabilità il vento, altrettanto consueto, che rigira gli ombrelli e muove le pale dei celebri mulini.

Poi ci sono mamme attrezzate di cargo-bike con cassone in legno portabambini, oppure di cestini enormi e ultraresistenti per caricare la spesa, anche casse di birra all’occorrenza. Il boom dei grandi centri commerciali degli ultimi anni ha contagiato in maniera attenuata gli olandesi, che al mega-shopping settimanale o mensile, preferiscono in genere la “modica quantità”, quella che possono trasportare su due ruote.

Anche la loro morfologia fisica ne risulta influenzata. L’assioma che noi mediterranei applichiamo spesso ai nordeuropei, “belli da giovani-disfatti da anziani”, non vale per la razza batava che, pedalando e pedalando, resta in forma negli anni e brucia cibi da far rabbrividire qualunque nutrizionista.

Pervadendo l’aria di un odore inconfondibile, friggitrici di ogni dimensione sono sempre in attività per accogliere patatine, crocchette, oliebollen – squisiti mini-krapfen di Natale, farciti con uvetta e spolverati di zucchero a velo- e infine le frikandellen, salsicce di carne trita mista non ben identificata. Questo menu tutt’altro che salutista può anche essere reperito con qualche moneta da inserire in “vending machines”, distributori automatici con vetrinette dove lo snack è sempre fresco e alla temperatura ideale: come rendere il fast food ancora più fast, neanche il tempo di attesa in fila alle casse del Mac Donald o del Burger King!

Eppure, pasti veloci a parte, la mia impressione è sempre stata quella per cui un popolo che si rilassa fumando marjuana nei coffee-shop non sia tagliato per la vita frenetica: effettivamente, la maggior parte delle donne lavora in regime di part-time, e, mentre gli uffici, molti negozi e ristoranti osservano orari di apertura sicuramente più ristretti dei nostri, le luci che di sera si spengono per ultime sono quelle dei bazar gestiti da turchi, la comunità straniera più rappresentata in Olanda… e naturalmente le Red Lights.

La professione Bocca di Rosa, non solo legalizzata, ma esposta ed esibita in ammalianti vetrine che tanto colpiscono l’immaginario collettivo, soprattutto latino, gode di lunga tradizione di tolleranza, in cui la sicurezza è un concetto cardine. Ad Haarlem, la città in cui vivo, il piccolo quartiere a luci rosse è immerso nel centro urbano, tra normali case e perfino un convento ad una manciata di passi di distanza. E nel periodo di Natale può capitare che, con grottesca ironia, le lucine rosse delle case del sesso si fondano e confondano magicamente con quelle degli addobbi festivi.

Ma quello che sconcerta di più la nostra struttura mentale è la nota consuetudine di vivere in casa con grandi finestre a vetri attraverso le quali chiunque può guardare dentro: del resto, il Grande Fratello è un format nato in Olanda. Pare che questa usanza trovi le sue radici direttamente nel calvinismo, secondo cui la confessione del fedele alla divinità è diretta, senza l’intermediazione sacerdotale, e dunque è lecito sbirciare nel privato degli altri, che da parte loro devono dimostrare di non avere nulla da nascondere, nessun “panno sporco da lavare in casa”.

Però io a questo non riuscirò mai ad abituarmi: quando fa buio, preferisco tirare giù le tende e salutare il resto del mondo esterno, come in “After hours”, una vecchia canzone dei Velvet Underground….

If you close the door, the night could last forever

Leave the sunshine out, and say hello to never

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