Quaggiù il cielo è più vicino_3 parte

Quaggiù il cielo è più vicino

di Emilio Pirraglia

Parte Terza – La neve ispiratrice

Procedevano lungo la cresta arcuata della montagna da ormai un paio di ore. Il cielo era coperto di nuvole bianche. La catena di cime si rincorreva fino ad un picco irto, senza neve e senza vegetazione, che declinava verso il basso per rialzarsi in due altre punte. All’improvviso tutto degradava verso la vallata, che si estendeva a perdita d’occhio, intervallata da una miriade di colline ricoperte di paesi. Alessandro guardava quel panorama che saliva vorticosamente ai suoi occhi, dimentico, in quegli attimi, di quello che gli aveva fatto la sua ex ragazza, della bottiglia rotta e tutto il resto. Aveva deciso di trascorrere quel fine settimana in montagna con perfetti sconosciuti, a parte l’amico (il Faina) che lo aveva invitato. Doveva distrarsi.

Il leggero fischio del vento e lo scrocchiare della neve sotto le racchette da neve rompevano il silenzio totale. Il sergente Bricco guidava la spedizione, il Faina e infine Alessandro, che iniziava ad arrancare, lo seguivano. «Potrei, potrei… – deglutì – sapere quale è la nostra meta?». Dopo qualche secondo di silenzio il sergente Bricco bofonchiò: «La cima del monte Amaro.» Il costone che stavano seguendo sfociò in una piccola valle completamente bianca e immacolata, a parte una traccia rettilinea che l’attraversava fino a perdersi nei boschi di abeti lontani. Alex si fermò a guardare quella serie di impronte che formavano un’unica linea, un’orma avanti l’altra, con precisione assoluta. «Ehi – fece Alex per richiamare l’attenzione dei compagni – avete notato queste tracce?». Si fermo, alzò la mascherina che teneva sugli occhi che strizzò un poco per abituarsi alla luce abbacinante della neve. Gli altri non davano segno di volersi fermare. «Cristo santo – sbottò Alex – un attimo di tregua. Sono stremato». Il sergente Bricco sentenziò senza fermarsi: «Sono lupi. Quegli animali mettono una zampa davanti l’altra quando camminano e così pure il compagno che lo segue, lasciando un’unica striscia di impronte». Alex si affrettò a rimettersi in cammino per non perdere il passo: «Vuoi dire che ci sono lupi qui intorno?». Il Faina, con voce affaticata: «Tranquillo, abbiamo il sergente qui con noi che ci protegge. Iniziarono a risalire il costone della montagna, alla loro sinistra si apriva un profondo canalone. La neve cedette senza preavviso. Alex sentì come un vuoto allo stomaco e si trovò con la faccia nella coltre bianca, a scivolare verso il basso. Il braccio batté contro qualcosa di duro provocandogli un dolore lancinante. All’improvviso si arrestò, e poté alzare gli occhi. Aveva perso mascherina e cappello, sentì tutta l’aria fredda sul viso, che lo schiaffeggiò senza pietà. Solo neve, anche davanti a lui. Poggiò il braccio destro tentando di fare leva, per mettersi di schiena.

«Stai fermo così!» sentì gridare da lontano. «Non ti muovere!». Le voci giungevano ovattate. «Ehi ragazzi, credo di essermi rotto un braccio – rispose Alex con una smorfia di dolore – devo girarmi, mi sento soffocare così a pancia sotto».

«Cerca di voltarti lentamente!». Alessandro riconobbe chiaramente la voce del sergente. Continuando a fare leva con il braccio buono, riuscì a mettersi di schiena e ad aspirare con voracità l’aria fredda. L’ex militare guardò il Faina, scosse la testa: «Qui non c’è segnale per chiamare i soccorsi e lui non può rimanere a lungo lì sotto, la neve rischia di cedere facendolo precipitare di parecchi metri. Devo raggiungerlo e legarlo bene con la corda per metterlo in sicurezza».

Il sergente Bricco legò la corda a uno spuntone di roccia lì vicino e chiese al Faina di tenere d’occhio che non ci fossero problemi nella discesa. Si passò la corda dietro la schiena e iniziò a scendere, lasciandola scorrere a poco a poco con una mano dietro i lombi mentre scendeva, con i piedi puntati e la schiena rivolta al burrone. La pendenza non era verticale e quindi riusciva a muoversi agevolmente sulla neve. Le racchette garantivano una buona presa. Arrivò da Alessandro. «Devo assicurarti alla corda». Il ragazzo annuì con testa. «Il braccio mi fa un male cane e inizio a sentire freddo». Il sergente Bricco si inginocchiò sul ragazzo e delicatamente gli fece passare la corda sotto la schiena, la riprese e gliela legò al petto con un nodo bulino. «Riesci a rialzarti e camminare?». «Col tuo aiuto credo di riuscire a rimettermi in piedi». Il sergente gli fece appoggiare un braccio sul collo e lo aiutò a rimettersi in piedi, Alessandro aveva una maschera di dolore dipinta sul volto. Dietro di lui si apriva un burrone. «Stai tranquillo – gli intimò il sergente – abbiamo tutto il tempo che ci serve». Dovettero avanzare piano. Ad ogni passo Alex sentiva il braccio pulsare di dolore, si mordeva il labbro per resistere; raggiunsero il Faina in un’ora. Il sergente guardò verso sud-ovest, le nuvole iniziavano a colorarsi di rosa. «Non possiamo rischiare di tornare indietro in queste condizioni e farci cogliere dal buio». Gli altri due lo guardarono con gli occhi sbigottiti, il sergente continuò: «Conosco un rifugio qui vicino, che potremmo raggiungere in mezz’ora». Il Faina posò gli occhi sul suo amico dolorante: «Dobbiamo portare Alex in ospedale». Il sergente si avvicinò al ragazzo che aveva parlato mettendogli una mano sulla spalla: «Questo sarà il tuo compito. Io porterò Alex al rifugio, tu dovrai riscendere la montagna il più in fretta che puoi, avvisare i soccorsi e farli venire a recuperaci». Il Faina chiese con la voce che gli mancava se ce l’avrebbe fatta prima del buio, pensava alle tracce dei lupi. Il sergente lo guardò dritto negli occhi: «Non fermarti mai e ce la farai. Con i soccorsi ci troverete al rifugio Fosco».

«Rifugio Fosco. – ripeté il Faina come a fissare nella mente il nome – A dopo ragazzi». «Ciao Faina!» gli gridò Alessandro, facendo un cenno con il braccio buono.

Fine Parte Terza

Scrivetemi: emilio.pirraglia@tin.it

 

parte 1 https://ilsorpassomts.com/2017/07/20/quaggiu-il-cielo-e-piu-vicino-parte-prima/

parte 2 https://ilsorpassomts.com/2017/08/20/quaggiu-il-cielo-e-piu-vicino/