VITTORIO AGOSTINONE

Vittorio Agostinone

di Erminia Mantini

Tra la Vestina e l’antichissima via Piceni, che conduceva alla “taverna”, dove avveniva il cambio dei cavalli delle carrozze che da Napoli andavano verso Ancona, una rara testimonianza del passato: il cippo della Colonnetta. Reca l’iscrizione “Strada di Penne per la valle del Tavo, 1842”, arricchita dalla scultura dello stemma sabaudo. Tante sono le versioni di quella stele e l’arzillo novantenne Gennaro, fratello maggiore di Vittorio Agostinone, ci racconta che il fregio è di molto antecedente al famoso passaggio del Re Vittorio Emanuele II ed è stato opera del giovane Michele De Filippis Delfico, che si dilettava nella pittura e nella scultura.

In corrispondenza di quel cippo miliare, fronte strada Vestina, si erge la bella dimora degli Agostinone, dove, nell’agosto del ’32, è nato Vittorio, ultimo di quattro figli.

Amava definirsi “noi della generazione del trenino”: ragazzi che ogni giorno salivano sulla carrozza e si riunivano in piccoli gruppi per raccontarsi e scherzare. Vittorio, “stinnemasse”, Nino Volpe, “mullicone” e Stroppa “mbrellare: il trio felice e ciarliero tra lo sferragliare e i periodici fischi, che fungevano da orologio per i lavoratori dei campi e delle botteghe!

Al Tito Acerbo frequentava con profitto il corso di geometra e cominciò a cimentarsi con le tecniche dell’agrimensore, prima ancora di diventare “maturo”! E fu il geometra storico della città, di cui conosceva “perfino i fossi e di cui studiava i problemi e le risorse; perché lui era innamorato di Montesilvano e voleva farla diventare bella –  afferma con orgoglio Gennaro – selezionava e conservava gelosamente tutte le carte e i documenti che potessero ricostruire la memoria del passato: era il suo unico hobby”. Ha proceduto al frazionamento e alla lottizzazione delle proprietà più importanti di Montesilvano: quella dei Madonna, che dall’inizio di via Chiarini fino al cimitero, risale tutta la collina; quella dei Muzii, che dal Saline giunge fino a Villa Verrocchio; infine, quella dei Masci, zona Warner e Grandi Alberghi! Integerrimo e preciso, prendeva a cuore tutte le pratiche come fossero sue e consigliava al meglio; non accettava pressioni, né richieste di favoritismi; in ogni occasione esprimeva e difendeva il suo punto di vista, con schiettezza e fervore.

Pretendeva altrettanto dall’interlocutore: comunicazione diretta e sincera. “E se qualcuno in famiglia perorava cause o interferiva con un po’ di malizia, soleva dire: -Ma che ti sei messo a fare il mediatore pure tu!!” In perfetta linea con la sua onestà intellettuale”. Estroverso, con forte personalità e una non comune disposizione filantropica.

Inimmaginabile l’operato di Vittorio nell’aiuto che dava ai più bisognosi, celato da assoluta discrezione”, lo ricorda con affetto l’amico Carlo Mastrangelo, spesso presente negli incontri conviviali amarcord che, da generoso anfitrione, nella sua antica taverna offriva ad amici e persone di rispetto, preparando piatti succulenti, insieme al caro Enrico Di Censo.

E si parlava anche di politica. Vittorio, infatti, aveva iniziato a partecipare attivamente alla vita amministrativa della sua città, appena diplomato. Divenne il braccio destro di Silvino Alberto Di Giovanni, vicesindaco di Memena Delli Castelli, impegnata frequentemente a Roma. Nella successiva amministrazione diventa assessore ai Lavori Pubblici, ma la sua fiducia nella DC comincia a vacillare e intorno agli anni Settanta aderisce alla lista civica del Rinnovamento Democratico Cittadino, sostenuta da una folta schiera di montesilvanesi desiderosi di realizzare contenuti ben precisi, al di là degli inquadramenti partitici. La lista fu premiata con l’elezione di diversi consiglieri professionisti e per la prima volta la DC perse la maggioranza assoluta. Ma quando Il Partito Repubblicano prese contatti con gli esponenti del Rinnovamento, Vittorio si adoperò per aprire a Montesilvano la sede dell’edera di cui divenne paladino: forse fin da giovane era portatore inconsapevole di quegli ideali, quando rimproverava al padre, convinto monarchico, la scelta del nome impostogli!!! Erano anni roventi per la forte contrapposizione ideologica tra la DC e il PCI, capeggiato dal battagliero Francesco Iezzi. Nel 1975 Vittorio fu eletto sindaco. Per contrastare “li cristijine”, come egli definiva alcuni esponenti dello scudo crociato rampanti e poco morigerati, compose la giunta con PC, PSI e PSDI, chiudendo l’epoca dell’egemonia democristiana. “Più che rivestire la carica di sindaco, Vittorio ha assolto all’incarico di primo cittadino, in spirito di servizio”, con fierezza afferma Gennaro. Il suo mandato fu denso di obiettivi raggiunti. Fu adottato per la prima volta il Piano Regolatore Generale della città; avviati i cantieri per la realizzazione del mercato coperto, ora Palazzo Baldoni; iniziato l’iter per edificare le case popolari di via Chiarini; predisposta l’apertura della biblioteca comunale; realizzato il depuratore consortile, tra Città Sant’Angelo, Montesilvano e Silvi; collaudata la metanizzazione. L’amministrazione Agostinone ebbe a cuore il mondo dei piccoli e dei giovani e, dopo diverse battaglie, fu istituita la nuova scuola media di Villa Carmine, che ha migliorato la vita delle famiglie nel quartiere, a Montesilvano Colle e nel comune di Cappelle. In una storica seduta consiliare al Cinema Diana, fu deliberata l’assunzione di un mutuo di 95 milioni per il palasport di via Senna; si affrontò il problema di assistenza sanitaria nelle scuole, pianificando indagini mediche preventive fra i piccoli studenti; si istituì una guardia medica gratuita per i villeggianti.

La volontà di attrezzare un’oasi verde in città si concretizzò nel reclutamento delle aree di via Gramsci, con la cessione del terreno degli Agostinone e dei Piscione per la realizzazione dei “giardinetti”, il cui nastro sarà tagliato dalla successiva Giunta. L’amministrazione Agostinone operò con efficienza e determinazione, adottando anche provvedimenti d’urgenza che talora sollevarono contestazioni di privati. I Consigli Comunali erano gremiti di cittadini interessati alle vicende della città, ma anche attirati dalla dialettica vivace delle argomentazioni non improvvisate: spesso tra la folla un quattordicenne incuriosito e attento, il giovanissimo Gallerati, al quale Vittorio una volta si avvicinò chiedendogli perché non andasse a giocare a pallone con i coetanei!!

Sarà assessore nell’amministrazione di Stefano Di Blasio e continuerà ad occuparsi della sua città anche dietro le quinte, sostenendo con fermezza le sue idee radicate nel senso dell’onore, nel rispetto verso gli altri, nella sua naturale empatia.

Una sera, con un filo di voce, confessò ai suoi amici più intimi che periodicamente si recava presso la struttura dove erano stati accolti Giovanni e Cundine di Capedicase, fratello e sorella, anime semplici, incapaci di vivere da soli.  Però non potevano vedersi mai, essendo relegati in reparti separati per sesso. Vittorio li riuniva in parlatorio per farli incontrare e riabbracciare. Burbero per scelta, si definiva ateo, ma forse era solo un sano anticlericale, sicuramente francescano di cuore.