GELSOMINA RASETTA

GELSOMINA RASETTA

di Vittorio Gervasi

Laureata in Economia e Commercio, è stata per lunghi anni insegnante di discipline economiche presso l’Istituto ‘Tito Acerbo’ di Pescara, collaborando anche con l’Università d’Annunzio in progetti di ricerca scientifica. Ha coltivato la sua passione per l’arte, diplomandosi maestra d’Arte e sviluppando in seguito una propria ricerca estetica, dal figurativo all’informale, cimentandosi con tecniche sempre nuove che meglio dessero voce al suo pensiero interiore.

È conosciuta per le numerose mostre personali realizzate in Italia e all’estero, per le mostre collettive cui ha partecipato e per le diverse pubblicazioni sui suoi lavori.

Sensibile ed attenta ai temi di grande attualità, ha offerto il proprio linguaggio artistico in interventi volti a sensibilizzare le diverse sfere del sociale sui temi di grande attualità, quali l’ambiente, la solidarietà, l’amore per la natura, la pace, il mondo femminile (l’universo-donna), consapevole che forma, colore e poesia sollecitano in maniera diretta ed efficace emozioni latenti nei destinatari del messaggio, provocando prese di coscienza, riflessioni e personali condivisioni.

Quando ha preso coscienza della sua inclinazione artistica?

Fin da bambina. Dal terrazzo della mia casa spaziosa, circondata dalla natura, passavo ore ad osservare la vita dei contadini, gli abiti stagionali della natura, le particolarità del mondo animale, e più in là monti e valli dai colori sempre diversi. Mi piaceva anche curiosare tra le vecchie cose, soprattutto nei bauli, da cui traevo oggetti che illuminavano le mie radici.

Quali sono state le sue prime forme espressive?

Fiori e volti di donna. Ho sempre raccolto fiori, per assaporarne da vicino profumi e colori. Ancora oggi mi piace comporre piccoli bouquet con semplici fiorellini di campo, accostando meravigliose forme e ineguagliabili sfumature. Al di là della bellezza, poi, mi appassiona scoprire sui visi femminili il riflesso della loro ricchezza interiore, della loro storia e del modo singolare con cui si rapportano alla vita.

Ci racconti del primo lavoro che secondo lei meritava di essere sottoposto a giudizio.

Nessun lavoro può dirsi creativo se non nasce da intenso moto affettivo. Dopo il primo parto, mi portavo dentro una congerie di sensazioni e di emozioni che chiedevano di configurarsi. Mio marito mi regalò una cassetta di colori ad olio, pennelli e tele. Abbandonai matite e colori e trovai finalmente strumenti più rispondenti alle mie urgenze emozionali (creative, artistiche). In bianco e nero s’impose un cavallo con bulloni per zampe, cavalcato da una donna fiera sotto un cappello ottocentesco: la vittoria della donna, l’affermazione e la realizzazione della sua identità.

Può individuare l’evoluzione delle sue manifestazioni artistiche parallelamente alla crescita personale?

L’interesse per la creazione artistica mi ha obbligato a delle scelte esistenziali: la rappresentazione visiva era ormai diventata un’esigenza ed io l’appagavo ogni giorno; era una priorità! Da una parte ho studiato con sistematicità la Storia dell’arte, sottoponendomi a ripetute lezioni di ‘lettura’ dell’opera d’arte; dall’altra ho seguito numerosi corsi di arte-terapia, per cogliere con più immediatezza e veridicità i moti dell’animo mio e quelli degli altri.  Ho, quindi, iniziato a lavorare per progetto, individuando percorso, obiettivi e procedure per dare visibilità a vibrazioni interiori più complesse. Il bersaglio era muovere nel destinatario la capacità di leggersi e di raccontare.

Generalmente un progetto coinvolge altre persone: le piace (pensa che sia liberatorio) operare in sintonia con altri?

Nel 2010 a Montesilvano Colle ho invitato cinque amiche artiste a collaborare per articolare un progetto: è stata un’esperienza significativa, poiché ha sigillato la Condivisione della Differenza ed è culminata nella creazione artistica dell’Albero della vita, L’Albero Madre, donato poi al Comune di Montesilvano.  Altamente appagante è stata la capacità di ciascuna all’ascolto dell’altra e alla accettazione condivisa delle diverse sensazioni, che poi si selezionavano, si arricchivano e si ricomponevano in una specie di mosaico: una osmosi emozionale che donava benessere e illuminava angoli bui del nostro vivere quotidiano. Sono nati così: “Sette desideri per la pace”, in inglese, “Io sono la bellezza”, “Non spegnere la luce”, “Arte e fede”. Ripetiamo ogni anno la bellissima esperienza di costruzione e di condivisione di un progetto, che poi viene puntualmente articolato, coordinato, pubblicizzato e divulgato: siamo ormai “Arte insieme”!

Ogni produzione è cara all’artista, poiché fissa un’emozione; ma quale fa vibrare maggiormente il suo cuore?

Il mondo femminile muove tutte le mie corde: ogni piccolo aspetto, fatto, evento sollecita in me forte partecipazione emotiva e ripetute meditazioni.  Il dolore per quelle due diciottenni arabe ammazzate per avere scelto di vestire all’europea, si libera in parte nell’opera “Fame d’amore”, in cui sullo sfondo di una Madonna di Antonello da Messina, il Mediterraneo narra le mille storie delle tante culture d’oltremare. Del ciclo ‘al femminile’, “Farfalle che non riescono a volare”, danno voce alle innumerevoli creature vittime del femminicidio, gramigna dura da estirpare dall’atavico campo maschilista.

Quali artisti ‘lievitano’ dentro di lei?

Van Gogh: girasoli giganti, ulivi ondeggianti, case traballanti. Forse perché forme, luci e colori richiamano irrazionalmente lo stupore, l’incanto e i sogni della mia infanzia. E ancora Caravaggio, sia per le figure femminili (donne plebee, prostitute ….) che per la  potenza rappresentativa di  taluni personaggi (San Pietro, ad esempio).  Non meno la rapidità espressiva di Picasso. Ma anche artisti meno noti che hanno saputo dare voce in forma originale al loro sentire. Sì, è un lievito che curo con interesse e attenzione, perché, conformando la massa, riesce a comunicare in modo originale i miei sentimenti, esattamente come la lettura nutre lo scrittore.

Come nasce una creazione artistica: il messaggio è già prefigurato o tutto nasce da un input?

Fino al primo catalogo mi bastava dare forma e colore all’emozione che la natura mi trasmetteva. Poi ho avvertito l’esigenza di interrogarmi su tanti aspetti del vivere, più marcatamente sull’universo donna e di approfondirne la conoscenza.  Per circa un ventennio la figura femminile ha ispirato tutti i miei lavori, con le sue sfaccettature, la sua storia, il suo agire. Dopo il 2007, l’ascolto delle sensazioni si era affinato nel tempo e riusciva con immediatezza a farle emergere, coniugando forme e colori e ricorrendo anche a materiali espressivi, di per sé narranti, come le stoffe, le antiche trine, laboriosi ricami.

In che modo il suo impegno artistico può contribuire ad illuminare i grandi temi del nostro tempo?

Poiché i giovani sono i depositari del futuro, il mio impegno si è profuso frequentemente tra gli studenti. Dopo aver concordato l’argomento, ciascun alunno, individualmente o per piccoli gruppi, si esprime visivamente, completando poi con composizioni poetiche, racconti, didascalie. E l’artista fa altrettanto. Segue, infine, il momento della condivisione dei lavori. Ogni volta, è stato davvero bellissimo, avvertire la fatica iniziale dei ragazzi a superare la globalità e il pudore della loro creazione, per lasciarsi andare libera-mente alla ‘lettura’ analitica del messaggio.  E si comprende immediatamente che il colore è già terapia, che il dolore attraverso la rappresentazione si decanta, che si può dare voce al proprio intimo in modo catartico, spegnendo timori e tabù, che ogni sfumatura vale tante parole, che ognuno di noi nasconde nell’intimo un coacervo di sensazioni che andrebbero liberate.