La morte in diretta

Responsabilità caos urbanistico per soccorsi intempestivi

di Gianfranco Costantini

 

La tragedia si è consumata domenica 5 marzo a Montesilvano in via Isonzo n. 6 e ha avuto come protagonista, un 52enne senegalese di nome Ndiaga Diallo.

Un volo di sei piani che si è concluso con la morte del nostro concittadino “irregolare”, di origine senegalese.

A differenza di tanti articoli di cronaca, io preferisco vedere questa morte per quella che è e per quello che ci può insegnare.

La morte è soprattutto dolore umano, non si può fare a meno di pensare che quel pover’uomo sia morto in un modo drammatico, in silenzio dal momento in cui ha ceduto l’appiglio, forse pregando il suo Dio o pensando alla sua famiglia.. In molti però, soprattutto i media, nel raccontare l’accaduto, si soffermano sul colore della sua pelle; troppo spesso si sente parlare di extracomunitario o irregolare, associato alla parola “morte”, quasi come se fosse una colpa da espiare e quindi si volesse dire, per fortuna.

La morte, è banale dirlo ma accomuna tutti, si dovrebbe declinare con altri aggettivi, più consoni alla gravità dell’accaduto. Non possono esistere morti per cui vale la pena piangere e interrogarsi e altre che al massimo incuriosiscono per come avvengono, in questo caso per la spettacolarità testimoniata dalle riprese fatte con i telefonini.

In fin dei conti in quel palazzo poteva esserci chiunque e quindi occorre riflettere sul modello culturale, sui rapporti sociali ed economici che hanno portato delle persone in Italia, nel 2017, a non avere il gas in casa e perché no, su come si costruisce la città in cui viviamo.

Un aspetto che è particolarmente aderente alla tragedia accaduta nel quartiere di Villa Verrocchio, a due passi dal mare, è la pessima urbanizzazione di Montesilvano.

La cronaca di questi giorni ci informa che i vigili del fuoco, arrivati tempestivamente, non hanno potuto soccorrere uno dei due malcapitati, perché in via Isonzo hanno avuto grosse difficoltà a entrare con i propri mezzi. Addirittura alcune auto sono state spostate a braccia e dei paletti sono stati tagliati con una mola, per consentire ai mezzi di posizionarsi correttamente e strappare alla morte il sopravvissuto, Samb Amadou Anta. È assolutamente incredibile che in una città così giovane, la gran parte delle strade non siano sicure, è assurdo che in molte vie non si riesca ed entrare con i mezzi necessari per prestare i soccorsi, a chiunque: senegalesi, marocchini, albanesi, rumeni, italiani.

Sì perché quando accade un fatto simile a quello sopra descritto, non muoiono solo gli stranieri, muore chiunque abbia la sfortuna di esserci. Ricordo bene quando una decina di anni fa, proprio a casa di mio zio, adiacente alla mia, prese fuoco la canna fumaria del camino; ebbi la fortuna di vedere dal mare le fiamme che in via Liguria svettavano dal tetto e con il buio sembravano fuochi pirotecnici.

Allertati i vigili del fuoco, mi sono trovato pronto nell’intervenire e nel fornire un tubo molto lungo ai pompieri che in pochissimi minuti erano arrivati quasi sul posto. Quasi sul posto, avete capito bene! Anche in quel caso non sono riusciti a entrare in Via Liguria, una traversa del lungo mare come in via Isonzo. Quando i vigili del fuoco hanno raggiunto la casa a piedi, hanno trovato me, con un tubo adeguatamente lungo, collegato a un rubinetto con un ottimo getto d’acqua e quindi grazie a questa serie di coincidenze, si è evitato il peggio.

Alla luce di queste considerazioni, quale grado di sicurezza si può garantire in strade che sono dei viottoli di campagna? Come si può rimediare a questo e quindi evitare future tragedie che aspettano solo di verificarsi? Come si possono autorizzare ancora oggi nelle famose zone B, edificazioni di palazzi in viottoli irraggiungibili?

A che punto è l’iter, per la modifica delle norme tecniche delle sotto zone B?

Così come appreso il mese scorso, dalle colonne di questo mensile, ha senso voler stimolare nuovamente il comparto edile con nuove cubature? O forse è meglio lavorare per trovare i fondi necessari, per alimentare un’edilizia che realizza le infrastrutture necessarie per la sicurezza? Pagheranno mai qualcosa, quei politici che hanno permesso l’edificazione di palazzi irraggiungibili?

Ovviamente le domande sono retoriche e chiunque le legge non può fare altro che condividerle. Ecco, proprio da questo vorrei partire, proprio perché le esigenze esposte sono condivisibili e vanno verso il benessere e la sicurezza della collettività, qualunque sia l’etnia di provenienza, chiediamole ai nostri amministratori. È finita l’epoca dei nostri padri (in parte anche la nostra), che spesso per un piccolo favore, ringraziavano con il voto degli emeriti incapaci, pretendiamo quello che ci spetta, non chiediamolo più per favore e dietro ringraziamento elettorale.

Solo così la prossima classe dirigente potrà valere di più delle precedenti e finalmente avere le mani libere dal cemento e dai ricatti che uccidono sia i corpi sia le speranze, nella nostra amata città, senza più ipoteche per il futuro, senza più morti “in-dirette”.